Revelli: “Dai media spettacolo penoso. Grillo resta il loro nemico”

Parla il politologo Marco Revelli: "Da Libero & C. puoi aspettartelo. Ma da Repubblica, Corriere e Stampa invece No”.

Revelli: “Dai media spettacolo penoso. Grillo resta il loro nemico”

Marco Revelli, come giudica la reazione della stampa all’ospitata di Beppe Grillo alla trasmissione di Fabio Fazio?
“Penosa. Sono stato colpito dalla distonia dall’oggetto di cui si ragionava (la trasmissione) e il modo in cui è stata commentata in particolare dai nostri giornalisti che dovrebbero essere gli esperti di comunicazione. Invece mi pare che non abbiano capito proprio nulla”.

Perché?
“Hanno applicato una logica amico-nemico classicamente politica quando l’oggetto che si commentava era ben lontano dalla politica. Lì al centro c’era questa straordinaria capacità di costruire paradossi e nel frattempo di parlare di cose serie. È da sempre il suo stile. Invece l’hanno interpretato come se fosse un comizio politico-istituzionale. Lasciamo perdere Libero, Il Giornale o La Verità, quelli li diamo per scontati poiché affrontano tutto sempre in termini di caccia al nemico. Prendiamo invece i “grandi giornali” come il Corriere, Repubblica, o La Stampa: quest’ultima titola “Grillo ritorno amaro in tv” e riporta la frase “Conte era perfetto per la politica perché non si capiva ciò che diceva”, oltre a una citazione dell’attacco di Grillo all’avvocata Buongiorno, che è l’unico elemento criticabile di quello show, assolutamente inopportuno come ha fatto notare Fazio. Si tratta di un titolo fuori luogo rispetto alla sostanza. Repubblica invece prende sul serio Grillo che dice “ho peggiorato questo Paese”: ma è una battuta da spettacolo di Grillo! Il senso era “tutti quelli che ho mandato affanculo sono al governo”, questo era il messaggio”.

Ironia?
“Certo, un gioco di parole, un modo di costruire un elemento ironico così come il giudizio su Conte. L’ha scelto evidentemente perché era adatto al livello istituzionale in cui doveva operare… C’è un giornalismo malato. Per non parlare del commento di Aldo Grasso: è lui che smette di fare il giornalista per imbracciare il kalashnikov, non Grillo”.

Quindi le è piaciuto lo show di Grillo?
“Io l’ho sentito tutto e l’ho goduto per quello che era: un monologo stile Grillo. Chi fa politica dovrebbe mettersi umilmente a studiare più che condannarlo. Anche perché Grillo con quella comunicazione ha conquistato la maggioranza relativa degli elettori di questo Paese, ha prestato la sua voce a un disagio molto diffuso nei confronti della politica che si riconosceva in quel linguaggio”.

Erano altri tempi…
“Quel dato non è stato consolidato ma i 5 Stelle pesano un 17%, non sono irrilevanti. Il fatto che quello stile di comunicazione in politica abbia mobilitato una così ampia platea dovrebbe indurci a ragionarci non in termini derisori altrimenti ci condanniamo a fare le mosche cocchiere. Soprattutto da parte di commentatori che a Meloni perdonano tutto, e lei non ha nemmeno la scusante del registro comico. Meloni ha un registro tragico per noi. E gli Aldo Grasso si inginocchiano”.

Perché tanta severità verso Grillo?
“Continua a pesare il fatto che c’è un establishment italiano che si riconosce nei grandi giornali (e che coinvolge un pezzo anche della nostra intellettualità) che ha vissuto l’exploit dei 5S come un oltraggio personale, non ne ha capito la chiave comunicativa che in quella fase era l’unica che permetteva di entrare in consonanza con un senso comune, anche se degradato e con vizi atavici. In quella fase una parte di italiani si è riconosciuta in quelle invettive e in quegli apparenti paradossi che svelavano verità inconfessabili.

Ma Grillo rischia di nuocere ai 5 Stelle con le sue uscite?
“Grillo è colui che ha evocato quella realtà. Senza Grillo il M5S non sarebbe nato. Poi tutti i padri fondatori rischiano di diventare pesanti e anche distruttivi. Grillo – che è incompatibile con una qualsiasi azione a livello istituzionale – evidentemente ha una retorica di mobilitazione che non si presta alle cariche di negoziazione e di elaborazione normativa. Tuttavia è un grande evocatore di temi, forse non di soluzioni, sicuramente di contraddizioni”.