Ricoveri e contagi in calo nelle aree più colpite dal Coronavirus. Oltre 77mila pazienti ancora positivi. C’è una decrescita ma è presto per allentare le restrizioni

Non è mai troppo tardi per tacere, ma anche per affidarsi alla scienza. Specialmente quando, senza averne titolo, si è costretti a maneggiare parole, numeri e percentuali che riguardano la salute pubblica e non il Pil. Un consiglio che andrebbe ribadito a chi – come ad esempio i vertici di Confindustria, ma anche l’ex premier Matteo Renzi -, molto prematuramente, continua a ripetere che il Paese andrebbe liberato dalle restrizioni. Misure che finora, questo dice chi è del mestiere, continuano a salvare vite umane.

Se non bastasse quanto ha detto in tal senso, proprio oggi, il numero uno dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro – secondo cui la curva dei contagi ha raggiunto il cosiddetto “plateau” (cioè la fase in cui il picco si mantiene stabile per un certo periodo) avvertendo, però, che è ancora presto per allentare la morsa contenitiva – vale la pena dare un’occhiata allo studio elaborato dal Centro per i modelli delle malattie infettive dell’Imperial College di Londra. Secondo gli analisti britannici, che quotidianamente studiano i dati sui contagi da Covid-19 registrati dalle autorità Ue in 11 paesi colpiti dall’epidemia, in Italia, le tanto discusse restrizione, avrebbero salvato circa 38mila vite in uno scenario, ipotizzano gli stessi analisti, in cui il 9,8% della popolazione, pari a circa 5,9 milioni di persone, senza saperlo, potrebbe aver contratto il virus.

Dunque ha ragione Brusaferro, quando, con tutte le cautele del caso, perché siamo pur sempre in un campo parzialmente esplorato, afferma che ci vorrà del tempo, forse mesi, per cantare vittoria. Perché il picco, detta in soldoni, “non è una ‘punta’ ma un pianoro” e, ha spiegato Brusaferro, utilizzando termini accessibili a chiunque, “ora dobbiamo scendere dall’altra parte”. Con cautela, però, perché “l’epidemia può ripartire se molliamo rispetto alle misure di contenimento e isolamento in atto”. L’Italia, quanto i malati che lasciano le terapie intensive, avrà bisogno di un periodo di riabilitazione, graduale. Ma oggi, dicono dall’Iss, “è difficile immaginare un azzeramento delle misure in tempi brevi”, perché gli esperti prima dovranno capire “con quale velocità scenda la curva”.

Arriverà, dunque, il giorno che dimenticheremo tutto questo, ma, ha ribadito anche il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, “per i prossimi tempi il distanziamento sociale, deve essere la nostra regola ferrea”. Sul fronte dei contagi, il nuovo bilancio, reso noto questa sera dal Dpc, fissa a 77.635 il numero di malati, con un incremento, rispetto a ieri di 2.107 contagi (lunedì erano 1.648). Le vittime sono 12.428 (66 sono medici), con un aumento, sempre rispetto a ieri, di 837 decessi (erano 812). I malati più gravi ricoverati in terapia intensiva sono 4.023, 42 in più, ma con un trend in diminuzione nelle aree più colpite. Degli oltre 77mila contagiati, 28.192 sono ricoverati con sintomi e 45.420 in isolamento domiciliare. I nuovi guariti sono 1.109 in più rispetto a lunedì, quando erano 1.590, e portano il totale dei pazienti fuori pericolo a 15.729.

Nel dettaglio: i casi attualmente positivi sono 25.124 in Lombardia, 10.953 in Emilia-Romagna, 7.850 in Veneto, 8.082 in Piemonte, 4.226 in Toscana, 3.352 nelle Marche, 2.508 in Liguria, 2.642 nel Lazio, 1.871 in Campania, 1.389 nella Provincia autonoma di Trento, 1.654 in Puglia, 1.160 in Friuli Venezia Giulia, 1.492 in Sicilia, 1.191 in Abruzzo, 1.142 nella Provincia autonoma di Bolzano, 851 in Umbria, 657 in Sardegna, 606 in Calabria, 552 in Valle d’Aosta, 216 in Basilicata e 117 in Molise.

L’Italia, questo mostra la mappa dei contagi, è ancora divisa in tre aree, definite in base alla circolazione del virus. “In Lombardia – ha spiegato Brusaferro – c’è una situazione con oltre 40 mila casi confermati ma anche qui la curva indica una forma di decrescita. In Veneto vediamo elementi analoghi, anche se c’è una differenziazione nei tamponi. In Emilia-Romagna ci troviamo sempre in una situazione analoga. Nelle Marche c’è una situazione importante nella zona di Pesaro dove comunque c’è una decrescita”.