Ridotte le diseguaglianze. Grazie al Reddito di cittadinanza. Parla Matrisciano, presidente della Commissione Lavoro: “Scudo all’emergenza Covid per 2,8 milioni di persone”

Senatrice Susy Matrisciano (M5S) secondo l’Istat, in concomitanza con l’introduzione del Reddito di cittadinanza, le famiglie in condizione di povertà assoluta, nel 2019, sono scese a 1,7 milioni. Cosa dimostra questo dato?
“Le rilevazioni dell’Istat sono la dimostrazione plastica che grazie al Reddito di cittadinanza abbiamo contribuito a ridurre le disuguaglianze sociali, sostenendo concretamente chi si trova in condizioni di marginalità sociale. Senza il Reddito l’impatto della crisi economica innescata dalla pandemia avrebbe avuto un impatto assai più duro per un milione di famiglie”.

Nei mesi della pandemia è cresciuto il numero dei percettori del Reddito: 1,2 famiglie e 2,8 milioni di persone. La misura ha fatto da argine alla crisi economico-sociale causata dal Covid?
“Lo ha certificato l’Istituto di statistica due giorni fa, attestando un incremento dei beneficiari del 18% rispetto a gennaio 2020. Il Reddito ha fatto da scudo, assicurando un sostegno a 2,8 milioni di persone”.

Eppure, secondo Renzi, il reddito di cittadinanza educa i ragazzi “a non fare una mazza”. Vuol provare a fargli cambiare idea?
“Chi mi conosce sa che le polemiche le lascio ad altri. Posso però sottolineare che questo intervento l’Unione europea al nostro Paese lo chiedeva dal 1992. Eppure l’Italia negli anni è stata abbastanza operativa quando si trattava di attuare politiche di austerity, perché lo chiedeva l’Europa, meno celere nell’attuare misure di protezione sociale, seppure sollecitate dalla stessa Commissione. Il 2008 è stato un annus horribilis per l’economia globale e gli effetti di quella crisi, nata negli Usa, in Italia non hanno cominciato a dispiegare conseguenze nell’immediato. In alcune regioni la crisi è arrivata dopo. L’Italia ha retto grazie a due settori chiave, oggi in affanno a causa del Covid-19: l’export e il turismo. Credo che occorra lavorare guardando al passato per il futuro: l’obiettivo è far ripartire il Paese e ridurre le disuguaglianze, non polemizzare”.

Se le famiglie in povertà assoluta nel 2019 erano 1,7 milioni e quelle che percepiscono il Reddito 1,2 milioni, vuol dire che non c’è automatismo tra condizione di povertà e accesso al Reddito?
“I dati dell’Istat attestano che la povertà assoluta riguarda l’8,9% delle famiglie in cui la persona di riferimento ha tra i 18 e i 34 anni e il 5,1% di quelle con persona di riferimento oltre i 64 anni. Rispetto al 2018 l’incidenza di povertà scende dall’8,3% al 6,9% per le famiglie con persona di riferimento fra i 45 e 54 anni. Dati alla mano, non escludo che questo potrebbe incidere, dato che la povertà familiare presenta un andamento decrescente all’aumentare dell’età della persona di riferimento: le famiglie di giovani hanno più frequentemente minori capacità di spesa poiché dispongono di redditi mediamente più bassi e hanno minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati”.

Il Reddito dovrebbe guidare i percettori alla ricerca di un lavoro ma finora solo 40mila lo hanno trovato. Si può fare di più?
“Certo che si può e deve fare di più. Abbiamo stanziato circa 2 miliardi per rilanciare i centri dell’impiego, transitati nel 2001 nella sfera di competenza delle Regioni, l’ultima riforma del collocamento è del 2000. L’attuale ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha costruito l’impalcatura del Reddito. Prima del 2018 la dotazione dei centri per l’impiego era di circa 8 mila addetti, contro i 50 mila e i 100 mila di Francia e Germania. Abbiamo fatto il più grande investimento mai realizzato, rimettendo al centro del sistema i Cpi, dove arriveranno 11.600 nuovi operatori. Le Regioni stanno facendo i bandi. è quello lo snodo: è lì che avremo un vero impatto sulle politiche attive del lavoro. Abbiamo gettato le basi per una riforma strutturale. Per misurarne gli effetti serve un’analisi di medio termine”.