Riforma fiscale, Turco: “Misure che finiscono per avvantaggiare solo i ricchi”

Il senatore e vicepresidente del Movimento 5 stelle, Mario Turco, commenta i contenuti della riforma fiscale varata dal Governo Meloni.

Riforma fiscale, Turco: “Misure che finiscono per avvantaggiare solo i ricchi”

Mario Turco, senatore e vicepresidente del M5S, la riforma fiscale del governo Meloni la convince?
“No, perché non va nella direzione dell’equità fiscale, non tutela i redditi poveri, favorisce i ricchi e poi sarà irrealizzabile perché molto costosa, a meno che per le coperture finanziarie non si ricorra alla politica dei tagli a sanità, scuola, casa”.

Il governo insiste che va rivoluzionato il rapporto tra fisco e contribuente.
“Guardi, lo vogliono rivoluzionare così tanto che hanno messo in campo pure l’ipotesi dell’interpello a pagamento. Arriveremmo al punto in cui un’azienda, per avere un’interlocuzione con l’Agenzia delle entrate e un parere, sarà costretta a pagare. Altro che Fisco amico, talmente vicino al contribuente che si farà anche pagare a gettone. Se questa è la rivoluzione del Governo Meloni dico no grazie. Il rapporto Fisco-contribuenti si rivoluziona con la tecnologia per semplificare radicalmente la vita e i rapporti con il fisco. Un esempio è la nostra proposta, depositata in Senato, del Cashback fiscale. Un meccanismo che permette al contribuente di vedersi accreditate subito su conto corrente le detrazioni legate a spese sostenute con pagamenti elettronici. Poi proponiamo l’istituzione dei Conti correnti fiscali dei contribuenti per certificare e far circolare liberamente i crediti d’imposta legati alle varie forme di incentivi, tra cui quelli edilizi. Proponiamo poi un meccanismo di regolazione automatica dell’Iva, che consenta all’Agenzia delle entrate, anche in chiave antievasione, di monitorare costantemente le operazioni Iva e i rapporti di credito e debito con l’erario”.

Voi avete presentato un progetto di riforma fiscale. Ci spiega i suoi punti qualificanti?
“Il M5S lavora da anni a un radicale progetto di riforma, che ha trovato sintesi in un disegno di legge depositato recentemente in Senato, a mia prima firma. L’intento è quello di ridurre la pressione fiscale sul lavoro povero e tassare diverse forme di extraprofitti. Per noi la lotta alle diseguaglianze è una cosa seria. Innanzitutto proponiamo una tassazione sugli extraprofitti digitali. Prevediamo la creazione di una piattaforma unica dei dati digitali, alimentata inizialmente dalle aziende del web, dove ogni cittadino può conoscere e modificare le proprie informazioni. I colossi dell’economia digitale possono accedervi per utilizzare tali informazioni dietro il pagamento di una tassa unica di possesso, destinata a finanziare un fondo previdenziale a favore dei lavoratori saltuari. Intendiamo poi introdurre un meccanismo di tassazione strutturale degli extraprofitti prodotti dalle grandi aziende in particolari situazioni di emergenza. Inoltre, prevediamo una tassazione sugli extraprofitti finanziari, ovvero sulle transazioni finanziarie ad alta frequenza e speculative. Vogliamo, poi, introdurre una norma per disincentivare l’enorme sproporzione che si registra sempre più spesso tra le retribuzioni del top management dell’azienda e quelle dei dipendenti. Abbiamo immaginato a tal proposito un’aliquota agevolata Ires per quelle aziende in cui le retribuzioni del top management non siano superiori di 50 volte alle retribuzioni base dei lavoratori”.

Ponte sullo stretto di Messina. È proprio necessario?
“Sul Ponte sullo Stretto, a parte i tanti squilli di fanfare, Salvini non ci ha ancora detto quanto costerà e chi paga. Senza contare che viene riesumato il progetto del 2012, fermato poi all’epoca perché portava con sé più di venti forti criticità, a partire da quelle legate alla staticità che renderebbero il ponte inutilizzabile nei giorni di forte vento. Per ora l’unica certezza è la riattivazione della società Stretto di Messina Spa, un carrozzone mangiasoldi che ai cittadini è costato 1500 euro al giorno e che ora diventa una specie di poltronificio. Per il resto è tutto fumoso: non sappiamo se il progetto è davvero realizzabile, quanto costerà ai cittadini e se avrà un’effettiva utilità, visto che il potenziamento dell’attraversamento dinamico con i traghetti costa duecento volte meno per pochi minuti in più”.

“La stagione del bonus al 110% non tornerà più”. Il governo chiude la porta.
“Il ministro Giorgetti ha diffuso sul Superbonus ingiustificati e scorretti allarmismi, evocando buchi di bilancio ed extradebiti. Da Eurostat e Istat, si sprecano le autorità che hanno chiarito che la cessione dei crediti d’imposta non impatta sul debito, che anzi è sceso grazie al prodigioso aumento del Pil nel biennio 2021-2022. Dispiace dirlo, ma la manipolazione dei dati da parte del ministro lo rende poco credibile, anche quando si oppone all’uso dei modelli F24 per sbloccare la circolazione dei crediti”.

In Europa il governo promette di dare battaglia sulla cosiddetta direttiva sulle case green e sullo stop ai motori diesel e benzina dal 2035.
“Invece di dare battaglia per avere i fondi necessari a permettere agli italiani di avere case più efficienti, con minori spese in bolletta, il Governo gratta la pancia del Paese senza fornire uno straccio di soluzione alternativa. Si grida al lupo senza risolvere il problema degli italiani. Il M5S, all’Europarlamento, è invece riuscito a far passare il principio che serve un Energy Renovation Fund per accettare questa sfida importante, che può portare migliaia di nuovi posti di lavoro e soprattutto, come ripeto, bollette molto meno care per i cittadini”.

Dal Mes al pacchetto del Green Deal fino ai balneari. Il governo è in rotta aperta con l’Europa?
“Diciamo che questo Governo perde tempo a trattare con l’Europa dossier inutili, come il Pos, il tetto al contante o l’ennesima proroga ai balneari, senza avere il coraggio di affrontare temi molto più dirimenti per il Paese come la riforma del Patto di stabilità e crescita o la politica monetaria più adatta a supportare una stagione di massicci investimenti in transizione ecologica e digitale”.

La settimana prossima inizierà l’esame della vostra proposta di legge per l’introduzione del salario minimo. Il governo ha ribadito il suo no.
“Che la Meloni non ne voglia sapere dei lavoratori poveri e del fatto che i salari reali italiani sono gli unici tra i Paesi Ocse a essere arretrati negli ultimi 30 anni è cosa nota. Noi abbiamo da tempo una nostra proposta sul salario minimo legale a 9 euro lordi, tema che in Italia è stato posto all’attenzione per primo dal M5S. Vediamo se anche altri partiti di opposizione, come il Pd, vorranno accodarsi abbandonando definitivamente i troppi diversivi del passato”.

 

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