Rimborsi gonfiati, Angelucci schiva il salasso

di Clemente Pistilli

Tutto da sospendere, mancando ancora sul fronte penale una decisione sulle richieste di rinvio a giudizio. E comunque tutto da rivedere, visto che già sono stati violati i principi stabiliti dalla Corte di giustizia europea sui diritti dell’uomo. Ieri mattina si è celebrata, davanti alla Corte dei Conti del Lazio, la prima udienza per i presunti illeciti commessi all’ombra del San Raffaele di Cassino, struttura sanitaria del gruppo Angelussi, e i difensori dell’azienda e dei 17 manager chiamati a risarcire 87 milioni di euro hanno subito dato battaglia, con una raffica di eccezioni. Ora saranno i giudici a dover decidere se accogliere le richieste della difesa, dando più tempo ai legali o sospendendo il giudizio, o se ritenere corretto l’operato della Procura e fissare una nuova udienza dove discutere la vicenda nel merito. Sull’impero della sanità laziale continua così a pendere una tegola pesantissima, che si aggiunge a quella da quasi 130 milioni di risarcimento chiesti, sempre ipotizzando pagamenti per prestazioni gonfiate, per la struttura sanitaria di Velletri. Il deputato forzista Antonio Angelucci negli anni ha dato vita a una struttura sanitaria dietro l’altra, fino ad arrivare a possedere 13 cliniche nel Lazio e a occuparsi di 1800 pazienti. Un colosso che ha fatto soprannominare l’onorevole re delle cliniche private. Agli onori sono però seguiti anche i guai. Per gli inquirenti il gruppo Angelucci, negli anni, grazie anche a complicità in Regione e nelle Asl, avrebbe ottenuto rimborsi enormi in maniera illecita, per prestazioni non effettuate o non dovute. Sul fronte penale, passato il caso da Velletri a Roma, non è stata ancora presa una decisione sulle richieste di giudizio. Per quanto riguarda invece l’aspetto contabile, il giudizio sulla richiesta di risarcire di quasi 130 milioni il servizio sanitario nazionale, relativamente alla clinica di Velletri, è sospeso. La stessa richiesta è stata fatta ieri per Cassino, vicenda per cui la Procura chiede un risarcimento di 87 milioni alla San Raffaele spa e a 17 manager citati a giudizio. I difensori, a partire da quelli dell’azienda, tra cui gli avvocati Federico Tedeschini e Gianluigi Pellegrino, hanno poi sostenuto che sono stati depositati dagli inquirenti atti in ritardo, che non hanno potuto esaminare, e tale aspetto è una violazione delle norme europee.