Rolling Stones, la lunga notte degli Highlander

di Marco Castoro

Il concerto evento di Roma dei Rolling Stones si terrà questa sera al Circo Massimo, unica data italiana del tour mondiale ‘14. Prevista la presenza di 65 mila spettatori.  In Italia Mick Jagger ha voluto una location storica, rinunciando a San Siro. L’ultima esibizione a Roma nel 2007 all’Olimpico. Risale a 47 anni fa la loro prima volta in Italia quando tennero due concerti al giorno (di 40 minuti) il 5 aprile a Bologna, il 6 a Roma, l’8 a Milano  e il 9 a Genova.

DARIO SALVATORI

Il critico musicale Dario Salvatori non ha dubbi: “È il mio gruppo preferito. Per la prima volta li ho visti il 6 aprile del 1967 al Palasport di Roma. Fu un doppio spettacolo e io rimasi per tutti e due. Allora non c’era l’abitudine dei concerti. Prima cantarono Fiammetta e Al Bano”.
È passato da Al Bano ai Rolling Stones?
“Sì. Tra l’altro allora Al Bano aveva inciso solo un 45 giri e non era ancora uscito il brano Nel sole. Presentava Silvio Noto. Ma già allora si capì che era un’altra musica. Tra l’altro era pure un periodo caldo per il gruppo. Keith Richards aveva fregato Anita Pallenberg a Brian Jones e i due non si parlavano da mesi. Indimenticabile il momento in cui Jones tirò fuori il dulcimer e tra le urla impazzite dei fan intonò Lady Jane in quel casino. Complessivamente li ho visti dal vivo 40 volte. I concerti in Italia, tutti. Sono particolarmente legato a quello di Roma del 2001. Ero accreditato come giornalista di Ciao 2001. Però nello stesso tempo ero anche il segretario del movimento che contestava Mick Taylor, il sostituto di Brian Jones. Ricordo che mentre stavamo fuori all’Hotel dei Principi dove alloggiavano, a un certo punto uscì a piedi Anita. Bellissima e con in braccio il bimbo. Io mi avvicinai e in inglese le feci una domanda sul nome del bimbo. Lei mi rispose in un romanesco esplicito: a biondì, non spigne e non toccà. Rimasi impietrito.
Penso che i luoghi comuni che si dicono sui Rolling Stones siano tutte stronzate. I loro concerti non hanno pausa. Non come Vasco Rossi che fa due canzoni e poi sparisce per mezz’ora. Perché di Vasco non si dice nulla? Nel confronto coi Beatles basterebbe dire che la band di Liverpool ha fatto concerti dal ’62 al ’66, mentre gli Stones sono sul palco da 52 anni. Rivoluzionari? Beh, ormai non più. Oggi sono miliardari maturi e se facessero i ribelli sarebbero patetici. Piacciono anche ai giovanissimi perché le canzoni sono nella pubblicità”.

RED RONNIE

Red Ronnie li ha amati ma già nel 1982 li vedeva vecchi.
Se dico Rolling Stones cosa le viene in mente?
“L’immagine di Keith Richards che vent’anni fa, quando lo incontrai, mi disse che poco importa se hai scritto Satisfaction se poi non si ha la stima del padre. Lui era un ragazzino rompipalle che suonava la chitarra e quando il padre arrivava a casa stanco brontolava perché infastidito. Sempre allora mi raccontò che passava molto tempo a giocare a domino con il suo genitore. E perdeva sempre. Però almeno gli stava vicino, gli parlava. Come secondo flash mi viene in mente quando comprai Big Hits ed ero affascinato dalle foto di Brian Jones pubblicate in un volumetto che si apriva con delle pagine piene di immagini. Allora preferivo i Rolling Stones. Poi con il passare del tempo sono andato dalla parte dei Beatles. Due gruppi equivalenti ma i baronetti di Liverpool hanno avuto un impatto sociale nettamente superiore. La vera rivoluzione l’hanno fatta i Beatles e non i Rolling Stones. Quest’ultimi erano ribelli, non rivoluzionari”.
Andrà al concerto di Roma?
“L’ultima volta che ho visto i Rolling Stones fu nell’anno che l’Italia vinse il Mondiale, nell’82, e già allora li vedevo vecchi. Poi non sono andato più a vederli. Il giorno del concerto sarò sì a Roma ma per andare da Vasco Rossi. Non c’è paragone tra i Rolling Stones e Vasco. La differenza sta nei testi. Vasco ogni volta stacca un pezzo di se stesso e ci fa una canzone di successo”.

STEFANO MANNUCCI

Stefano Mannucci è tra i maggiori esperti della storia del rock e dei suoi protagonisti.
Quali ricordi personali?
“Almeno tre. Il primo quando li ho visti a Torino nel 1982 con l’azzurro mundial Gentile che li presentò in giacca e Mick Jagger che entrò con la maglietta di Paolo Rossi. Fin da allora si diceva che erano in una fase declinante e invece siamo nel 2014 e loro sono ancora sul palco. Il Rock si divide in due grandi categorie: i rocker che muoiono giovani e quelli che non li ammazzi manco a revolverate. Consiglio a tutti di leggere la biografia Life di Keith Richards, la bibbia del rock, è meglio di un romanzo. Chi la legge capisce che cosa significhi sopravvivere oggi per una una generazione che ha provato tutto. Richards dice che ha smesso di drogarsi perché le droghe di oggi non sono buone come quelle di allora. è un immortale. È sopravvissuto ogni volta che era stato dato per morto. Dopo lo shock elettrico e la schicchera della chitarra, in seguito alle numerose overdosi e a un paio di ricambi del sangue. Ricordo che stavo a Siviglia per il festival delle chitarre, con i più grandi chitarristi del mondo, tra cui anche Keith Richards. Passai una mezz’ora al bar con lui. Io presi una tequila boom boom, lui si scolò due bottiglie di Jack Daniels. Aveva la lingua blu ma stava meglio di me. Questa sua immortalità è qualcosa di prodigioso. Il vero rocker non muore mai. Tanto che la gente dubita che siano morti. Dice di averli visti al supermercato. Nel 2007 ebbe un misterioso infortunio in un’isola esotica. Si disse che cadde da una palma. Operato al cervello, sembrava finito, morto. Per 6 mesi si interruppe il Tour. Riprese a Milano. Nella conferenza stampa ricordo Jagger vispissimo e Richards che sembrava tenuto coi fili da burattino. Jaegger lo sosteneva. Eppure poche ore dopo suonò come una spada. Nel backstage ci sarà satto di tutto per tenerlo su”.