Campidoglio, la corsa zoppa degli sfidanti. Da Michetti a Calenda e Gualtieri. Così a Roma la campagna elettorale è diventata una burla

E alla fine il giorno del giudizio, domenica e lunedì si vota per il rinnovo del Comune di Roma. I candidati sono tanti, più di venti.

Campidoglio, la corsa zoppa degli sfidanti. Da Michetti a Calenda e Gualtieri. Così a Roma la campagna elettorale è diventata una burla

E alla fine il giorno del giudizio, domenica e lunedì si vota per il rinnovo del Comune di Roma (leggi l’articolo). I candidati sono tanti, più di venti, ma tolti i coreografici e i velleitari, restano in quattro e cioè la sindaca uscente Virginia Raggi, supportata dal Movimento 5 Stelle, Roberto Gualtieri (nella foto) per il centrosinistra, Enrico Michetti per il centrodestra ed infine un disturbatore tattico professionale e cioè Carlo Calenda. Iniziamo da Gualtieri, ex ministro dell’Economia nel governo giallorosso di Giuseppe Conte.

Fa appena in tempo a farsi eleggere alle suppletive alla Camera che scoppia l’epidemia di Covid. Ex comunista, ex Ds, si è contraddistinto per quel pragmatismo realista che non abbandona mai gli ex bolscevichi d’antan. La sua campagna elettorale è stata tarpata e condizionata dall’alleanza strategica nazionale tra Pd e 5 Stelle, ma è bastata per rilevare un certo astio congenito e la debolezza di una proposta politica, la sua, basata essenzialmente su un attacco continuo a quanto ha fatto dalla Raggi, rimproverandole tutti i problemi del mondo, dalle Olimpiadi mancate, allo Stadio negletto, e alla solita tiritera sui rifiuti e i trasporti.

Specializzato ultimamente in salumeria cinghialesca, fa finta di non capire che l’invasione delle irsute bestie è colpa del suo amico Nicola Zingaretti, governatore del Lazio ed ex segretario del Pd. Altro pallino fisso, dovuto al fratello di Montalbano, è la giaculatoria sulle discariche: “Gli impianti per il trattamento dei rifiuti deve farli Roma Capitale”. Si modera gattopardianamente perché teme che prima o poi incontrerà Virginia come alleata. Fa parte dell’élite radical chic della sinistra atticosa e salottiera che ha messo saldi ormeggi nei quartieri bene del centro storico e fa capolino nelle periferie come potrebbe fare un esploratore inglese del XIX secolo con gli indigeni africani.

Passiamo a Michetti, il “Signor Nessuno” come lui stesso ironicamente conferma nella sua pubblicità elettorale. Dopo anni di attacchi della destra ai 5 Stelle come classe politica improvvisata e di scappati di casa, ha imbarcato una complottista e no vax come l’ex grillina Francesca Benevento, tanto per dire la sua coerenza. Divenuto famoso per le sue fughe dai dibattiti pubblici, fa quasi tenerezza nel recitare il ruolo della vittima predestinata di un centrodestra che l’ha scelto solo perché non vincesse. Ha sostituito Giorgia Meloni e Guido Bertolaso generando risentimenti e veleni carsici che sconterà alle urne.

Ed infine c’è Calenda, anche lui ex ministro dell’Economia e soprattutto nipote del regista Luigi Comencini, mentre il nonno paterno è stato anche ambasciatore in India. Ex portaborse di Luca Cordero di Montezemolo, le ha provate tutte per “scendere in politica” e alla fine ce l’ha fatta. È supportato da Matteo Renzi tramite “Lucianone” Nobili, sua longa manus nella Capitale.

Alla spasmodica ricerca di visibilità non si è mai rassegnato alla sua caduta ministeriale e insoddisfatto dell’euro-ruolo a Bruxelles ha ammorbato il Pd come una mosca tze tze sulle orecchie di un elefante, quasi peggio di Ignazio Marino. Gli si riconoscono comunque doti di umana perseveranza visto che imperversa nelle periferie romane, specialmente a Spinaceto, in versione marxista – leninista per abbindolare i proletari, ma con scarsi risultati.