Rosneft, blitz senza fine in Italia

di Stefano Sansonetti

Una campagna acquisti senza fine, a quanto pare. Nel week end, complice un’attenzione tutta concentrata sulle elezioni europee, i russi di Rosneft hanno silenziosamente gettato le basi per l’ennesimo blitz in Italia. Nel mirino, stavolta, è finito il gruppo Pietro Barbaro, attivo da anni del trasporto di petrolio per mari e fiumi. Ebbene, il colosso di Mosca ha raggiunto un accordo per rilevare il 95% di Prime Shipping, la società del gruppo italiano che si occupa proprio di trasporto. I contorni dell’operazione, in gran parte ancora misteriosi, verranno definiti più nel dettaglio nei prossimi giorni. Ma la conferma arriva da un comunicato piuttosto stringato della stessa Rosneft, diffuso alla fine della scorsa settimana e a quanto pare sfuggito a molti radar. Ad ogni modo siamo di fronte all’ennesimo assalto russo, se solo si considera come Rosneft, guidata da Igor Sechin, abbia pochi giorni fa sborsato 552 milioni di euro per rilevare metà della Camfin, la scatola che di fatto controlla Pirelli. Il fatto è che adesso, su tutta questa campagna acquisti russa che riguarda anche altri paesi europei, è stato acceso un faro da parte della Commissione europea, che sta preparando un documento sui rischi legati soprattutto alla presenza sempre più pervasiva di Mosca nel settore delle raffinerie.

L’operazione
La Prime Shipping del gruppo Pietro Barbaro opera da anni con la sua flotta composta da 14 petroliere, 5 rimorchiatori e 5 chiatte. L’area di riferimento è rappresentata soprattutto dai fiumi Volga, Don, dal Mar Nero e dal Caspio. Ma è il trasporto via acqua in generale che vede la società in prima linea. Per acquisirne il 95%, Rosneft agirà attraverso una joint venture con l’istituto di credito russo Sberbank, che sarà proprio il partner finanziario. La Pietro Barbaro, secondo quanto è possibile capire, alla fine dell’operazione resterà comunque azionista di minoranza della Prime Shipping. Di sicuro l’attivismo di Rosneft sta dando un bel po’ nell’occhio. Ancora in Italia, giusto per ricordare, il colosso di Mosca nel 2013 è arrivato a detenere i 20,9% della Saras, la società petrolifera della famiglia Moratti, che peraltro controlla in Sardegna la più grande raffineria europea. Per non parlare di un altro colosso russo, Lukoil, che da anni è diventato azionista di controllo della raffineria Isab in Sicilia, dopo averla rilevata dalla Erg della famiglia Garrone.

Il faro europeo
E proprio questo grande dinamismo, in tempi recenti, è finito sotto la lente d’ingrandimento dell’Ue. In vista di un meeting che si terrà a giugno, la Commissione europea ha predisposto un report in cui scoprirà le carte sulla iniziative da prendere per la sicurezza energetica in risposta alla crisi ucraina. All’interno del documento, come riportato nei giorni scorsi da Euractiv (il media network europeo), c’è un passaggio in cui si mette a fuoco come, “combinata con la dipendenza dal petrolio russo e con l’emergente influenza di operatori russi, l’industria della raffinazione sia diventata vulnerabile alle interferenze politiche”. E le raffinerie in territorio italiano, dopo gli accordi con Saras ed Erg, sono diventate terreno di caccia dei russi di Rosneft e Lukoil. Evidentemente destando qualche preoccupazione.

@SSansonetti