Tutto secondo copione. Nessuno infatti, si aspettava un passo indietro del sindaco di Milano, Beppe Sala, indagato (insieme ad altre 73 persone, tra dirigenti pubblici e immobiliaristi) nell’ennesimo, deflagrante, filone sull’urbanistica milanese, perché l’esito del suo intervento davanti al Consiglio comunale, il primo dopo le sei richieste di arresti, era stato tutto ampiamente anticipato dai giornali. Dimissioni dell’assessore alla riconversione urbana, Giancarlo Tancredi (la vittima sacrificale), comprese.
Sala costretto a cedere su San Siro. Se ne riparla a settembre
L’unico colpo di scena, se vogliamo chiamarlo così, la capitolazione (obtorto collo) di Sala sull’affare San Siro. Non la cancellazione della maxi-operazione edilizia, solo un rinvio della pratica a settembre, come chiesto (ma meglio, ordinato) dal partito Democratico e dai Verdi (“serve una profonda revisione delle politiche urbanistiche. La realizzazione di un nuovo stadio non rappresenta una priorità. La vera urgenza è la riqualificazione delle periferie”, aveva dichiarato ieri il portavoce nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli). Un cedimento alle richieste della maggioranza che deve essere costato molto al sindaco, il quale si era detto pronto ad abbandonare se la cessione del Meazza non si fosse chiusa prima dell’estate. Così non sarà e ora, l’intera cessione è a rischio.
Mai nominati Catella, Boeri e Salva-Milano
Per il resto Sala non ha fatto alcuna autocritica. Anzi, ha rilanciato e rivendicato la propria azione di governo (retrodatando le politiche urbanistiche alla giunta Pisapia). Lui, che era chiamato a spiegare i suoi rapporti molto, molto stretti con quella fetta dell’imprenditoria del mattone che ha costruito in lungo e in largo a Milano – leggasi Manfredi Catella – non ne ha fatto minimo cenno.
Non ha mai pronunciato neanche il nome di Stefano Boeri, l’archistar con il quale ha intessuto frequentissime conversazioni via chat (finite nelle carte dell’inchiesta e pubblicate dai giornali). Così come non ha mai accennato alla legge Salva-Milano, quella norma che lui stesso per oltre un anno ha invocato per sanare il vulnus dell’urbanistica meneghina. Quei box che si sono “ristrutturati” in torri da 80 piani, sorti grazie a semplici scie che hanno fatto risparmiare milioni ai costruttori (o non incassare milioni alle casse pubbliche, dipende da come la si vuole vedere). Non una parola neanche sulla commissione urbanistica, i cui membri, secondo i magistrati, incassavano profumate parcelle per le consulenze dai costruttori e poi, come pubblici ufficiali, facevano passare i progetti di quegli stessi costruttori…
Tutto passato in cavalleria
Tutto passato in cavalleria, nel discorso programmatico di Sala per i prossimi due anni. Ripartire, cambiando, come chiesto dalla maggioranza. Di fatto negando le politiche abbracciate fino a oggi. Un passato cancellato da Sala e maggioranza Pd da generiche promesse di azioni tese al miglioramento delle condizioni di vita delle fasce più povere dei milanesi, alla salvaguardia degli impianti sportivi pubblici (quegli stessi che fino alla settimana scorsa dovevano essere privatizzati, perché antieconomici), fino alle performance da migliorare da Atm.
L’attacco nel nome del garantismo a Magistratura e stampa
Gli unici riferimenti all’azione della magistratura è stata la critica alla fuga di notizie sui giornali sull’inchiesta e sul suo coinvolgimento: “Perché questa informazione è stata divulgata ai media? Sta bene a chi governa o ambisce a governare, che indagini riservate diventino pubbliche?”, si è chiesto. E giù appalusi della sua maggioranza (tranne le poche, solite, eccezioni) e dei supporter del sindaco presenti tra il pubblico (molti presidenti Pd dei municipi, esponenti regionali dem e Ivan Scalfarotto, di Italia Viva). Perché evidentemente è più biasimevole chi dà le notizie rispetto a chi le crea… “Le mie mani sono pulite”, ha aggiunto, per concludere poi con un ecumenico “oggi sono più che mai motivato a fare il mio dovere fino in fondo. Se su queste basi la maggioranza che mi sostiene c’è e c’è coraggiosamente, io ci sono”.
Tancredi: “Io vittima sacrificale”
Tancredi almeno ha avuto il merito di parlare più chiaro: “Sono sconfortato e molto deluso per quella che in questi giorni è stata la posizione espressa da alcune forze di maggioranza di questa città. Mi riferisco al fatto che ci si è limitati sostanzialmente a chiedere le mie dimissioni, senza avere contezza di quanto sia realmente accaduto”, ha detto in aula. “Quindi, con buona pace del principio di garantismo civile e democratico, l’unico principio è mettere da parte chi ora costituisce un peso ingombrante, offrire un sacrificio a chi chiede quei cambiamenti cui in realtà con il nuovo Pgt stavo già lavorando”, ha continuato Tancredi.
Che ha concluso con un malizioso: “Sarà interessante vedere, tolto di mezzo l’assessore alla partita caduto in disgrazia, e ancora in assenza di quella legge nazionale di riforma organica complessiva, come cambierà ‘l’urbanistica di Milano’, se mai abbia un senso questa definizione”.