Salario minimo, le paghe da fame difese dal Governo diventano incostituzionali

Un giudice di Milano replica con una sentenza di civiltà e giustizia A quanti nel sindacato – Cisl in testa – si oppongono a una legge sul salario minimo.

Salario minimo, le paghe da fame difese dal Governo diventano incostituzionali

A quanti nel sindacato – Cisl in testa – si oppongono a una legge sul salario minimo, alla Confindustria che vuole affidare tutto alla contrattazione collettiva, un giudice replica con una sentenza di civiltà e giustizia. Il Tribunale di Milano ha infatti condannato la Civis a corrispondere le differenze retributive a favore di una dipendente che aveva chiesto, tramite lo Studio Gianolla – D’Andrea, la nullità degli articoli 23 e 24 del contratto collettivo nazionale del lavoro “Servizi fiduciari” e il diritto a percepire un salario che rispetti i principi dell’articolo 36 della Costituzione. L’articolo in questione dice che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Un giudice di Milano replica con una sentenza di civiltà e giustizia A quanti nel sindacato – Cisl in testa – si oppongono a una legge sul salario minimo

La paga oraria che la dipendente riceveva era di 3,96 euro all’ora. Per un totale di 640 euro netti al mese, una cifra al di sotto della soglia di povertà e anche del Reddito di cittadinanza. E che, secondo il giudice Tullio Perillo, contrasta con l’articolo 36 della Costituzione. Al punto che la Civis, società di vigilanza per la quale lavora la donna, è stata condannata a pagare un risarcimento di 372 euro lordi in più per ogni mese (6,756,04 in totale), cioè la differenza tra la paga versata e quella prevista per un servizio di portierato. Il punto centrale è che il Ccnl “Vigilanza e Servizi Fiduciari” applicato dalla Civis è stato sottoscritto da Cgil e Cisl, due organizzazioni sindacali considerate, come ben sappiamo, tra quella maggiormente rappresentative.

Sebbene coperta da un contratto collettivo nazionale una lavoratrice percepiva meno di 4 euro l’ora

Ed è su questo che il Movimento Cinque stelle ha sempre concentrato la sua battaglia per una legge sul salario minimo. La proposta dei pentastellati prevede l’applicazione delle tabelle salariali dei contratti collettivi maggiormente rappresentativi ma, allo stesso tempo, stabilisce che laddove queste non siano adeguate ai principi di proporzionalità e sufficienza scatti la soglia minima oraria di 9 euro sotto la quale non è lecito e dignitoso andare. Ecco perché oggi il Movimento Cinque stelle festeggia la sentenza che arriva da Milano.

Conte: “Continueremo a lottare in Parlamento per la nostra proposta di legge”

Non sono più tollerabili paghe da fame, afferma il leader dei 5S, Giuseppe Conte. “A dirlo, ora, non è più solo e soltanto il Movimento Cinque Stelle, ma una sentenza con cui un giudice del lavoro di Milano ha accolto il ricorso di una lavoratrice padovana pagata 3,96 euro l’ora. Con quelle lavoratrici e quei lavoratori ho preso un impegno: non vi lasceremo soli, continueremo a lottare in Parlamento per la nostra proposta di legge. Intendo onorarlo, affinché nessuno, in Italia, sia più sottopagato o sfruttato”.

M5S: 4,5 milioni di lavoratrici e lavoratori guadagnano meno di 9 euro

Dal Movimento spiegano che nel nostro Paese 4,5 milioni di lavoratrici e lavoratori guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora, la soglia minima inderogabile prevista dalla loro storica proposta di legge oggi in discussione alla Camera. Di questi, 2,5 milioni non arrivano a 8 euro l’ora. Dal 2013 il M5S chiede che tale misura, già esistente in 21 Paesi europei su 27, venga introdotta anche in Italia.

L’Adl Cobas – che ha appoggiato la causa della dipendente della Civis – esulta e si chiede se dopo la sentenza del tribunale che impone il rispetto dei principi di proporzionalità e sufficienza, non sia arrivato il momento di una legge che appresti un sistema di tutele universale per tutti i lavoratori e le lavoratrici, non soggetto a rapporti di forza squilibrati, e che li tuteli dal lavoro povero. E che affermi, in maniera chiara e precisa, che “un’esistenza libera e dignitosa” deve essere garantita a chiunque, comunque e in ogni caso.