Salvini tenta lo sgambetto a Silvio su Mediaset. La Lega contro l’emendamento salva-scalate, che però passa lo stesso. La norma serve a tutelare le aziende in una fase critica per l’economia

Parola d’ordine: bloccare l’assalto francese, o meglio di un francese, vale a dire Monsieur Vincent Bollorè e della sua Vivendi alla media company italiana Mediaset. L’assist alla società della famiglia Berlusconi arriva con un emendamento al Decreto legge Covid, depositato martedì dalla senatrice dem Valeria Valente, a cui ieri la commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama ha dato il via libera. Il cosiddetto “emendamento anti-scalata” per le società che operano nel settore delle telecomunicazioni arriva dopo la sentenza della Corte di giustizia Ue che lo scorso 3 settembre nel contenzioso in atto tra Mediaset e Vivendi ha di fatto dato ragione alla telco francese, indicando la contrarietà al diritto comunitario delle disposizioni dell’articolo 43 del Tusmar (il Testo unico che impone delle soglie di partecipazione a chi opera sia nelle tlc che nei media, ndr), previsto dalla legge Gasparri, in base al quale Vivendi aveva dovuto congelare la propria partecipazione in Mediaset.

In sstanza per i giudici del Lussemburgo la norma italiana che “impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset” “è contraria al diritto dell’Unione. La norma approvata ieri prevede un regime transitorio di 6 mesi durante i quali, invece di far scattare gli automatismi previsti dal Tusmar, l’Agcom potrà avviare un’istruttoria nel caso in cui un soggetto “operi contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni (Sic), anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un’influenza notevole” con l’obiettivo “verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo”, mentre Agcom una volta completata la procedura potrà eventualmente adottare i provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi di effetti distorsivi.

In parole povere: la proposta della maggioranza, nata su imput del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli (5Stelle) e del titolare del Mef Roberto Gualtieri (Pd), di tutela del pluralismo dell’informazione in caso di scalate nel settore radiotv, “blinda” i gruppi televisivi ed editoriali italiani in un’ottica di salvaguardia delle nostre aziende in questo particolare momento di crisi ma è innegabile che potrebbe avere effetti significativi sulla conclusione della vicenda che interessa il gruppo fondato da Silvio Berlusconi e la società francese Vivendi in attesa che il Parlamento intervenga con una revisione organica del testo unico sulle telecomunicazioni, come previsto “nell’ambito degli adempimenti europei previsti dalla proposta legge di delegazione europea 2019 attualmente all’esame del Parlamento”.

Scontato, è arrivato in commissione il voto favorevole di Forza Italia e anche quello degli alleati di Fratelli d’Italia, la notizia semmai è che a votare contro sia stata la Lega di Matteo Salvini. Ma anche questa in realtà è una “non-notizia”: che i rapporti tra il Cavaliere e il Capitano siano – per usare un eufemismo – freddini non è un segreto e non lo è nemmeno il clima di divisione che impera su ormai tantissimi temi all’interno della coalizione di centrodestra. Usa non a caso toni sarcastici il senatore azzurro Andrea Cangini per commentare il voto contrario dei colleghi leghisti: “La realtà supera la finzione e svela la vacuità di certa retorica politica. In commissione Affari costituzionali del Senato, la Lega ha appena votato contro la norma che difende le aziende nazionali di telecomunicazioni da scalate straniere (caso Mediaset-Vivendi). Matteo Salvini, evidentemente, ha cambiato slogan: da ‘prima gli italiani’ a ‘prima i francesi’”.