Ci si affaccia alla maggiore età senza sapere come funziona il diritto alla salute. Un Paese giovane, connesso, cresciuto nel tempo della pandemia e del boom dell’intelligenza artificiale, ma che non conosce il proprio medico di famiglia. Secondo il rapporto GIMBE, un ragazzo su cinque non sa chi sia il proprio medico di medicina generale. È il segno di una frattura culturale, prima ancora che sanitaria. «Il passaggio dal pediatra al medico di base avviene come un atto amministrativo, senza alcun accompagnamento clinico o relazionale», spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione. E così, proprio nell’età in cui iniziano a emergere fragilità, molti adolescenti restano senza un punto di riferimento sanitario. Il principio della continuità assistenziale, previsto sulla carta, svanisce nella pratica.
Ticket e Fascicolo Sanitario: strumenti sconosciuti
Il 53,6% degli studenti non sa a cosa serva il ticket sanitario. Più della metà dei futuri contribuenti ignora che una parte delle spese per esami, visite e farmaci viene co-finanziata dai cittadini. Non è solo un dato scolastico, è il sintomo di una distanza culturale dal SSN. «La consapevolezza dei costi condivisi è essenziale per formare cittadini responsabili», osserva Cartabellotta. La digitalizzazione non migliora il quadro: oltre l’82% degli studenti non ha mai usato il Fascicolo Sanitario Elettronico, né per sé né per un familiare. Nemmeno tra i maggiorenni. Senza alfabetizzazione digitale e sanitaria, la tecnologia resta un orpello vuoto.
Prevenzione travisata, screening dimenticati
Solo uno studente su due è in grado di riconoscere i tre screening oncologici gratuiti previsti dai Livelli Essenziali di Assistenza: mammella, cervice uterina, colon-retto. Il resto sbaglia o ammette di non sapere. È un dato che racconta un disinteresse coltivato, non casuale. Non si tratta solo di accesso, ma di visione: conoscere l’esistenza di questi strumenti significa avvicinarsi alla cultura della prevenzione. Che, oggi, è compromessa da un’altra distorsione. Il 71,9% degli studenti pensa che fare controlli periodici per ogni tipo di tumore sia sempre vantaggioso. È falso. E pericoloso. Alimenta una forma di consumismo sanitario che spreca risorse pubbliche e favorisce sovradiagnosi e trattamenti inutili.
Antibiotici come caramelle
Il 68,8% degli studenti ha ricevuto almeno una volta antibiotici per un’infezione delle alte vie respiratorie. Il dato è già grave, ma lo è ancora di più se si considera che molte di queste infezioni sono virali e non richiedono antibiotici. È il segno di una prescrizione disinvolta, spesso subita senza contestazioni. Una diseducazione che si accumula negli anni e che contribuisce a un fenomeno strutturale: l’antibiotico–resistenza. Senza strumenti per riconoscere l’inappropriatezza, l’abuso diventa la norma.
L’intelligenza artificiale al posto del medico
C’è un ambito in cui i ragazzi sono esperti: l’intelligenza artificiale. L’83,7% usa ChatGPT o strumenti simili, il 37,2% ogni giorno. È un dato che descrive una trasformazione radicale della quotidianità informativa. Ma è anche una faglia pericolosa: questa diffusione massiccia non è accompagnata da un’adeguata alfabetizzazione scientifica. In sanità, l’uso di IA senza filtri può diventare un moltiplicatore di disinformazione. «Senza competenze digitali e sanitarie – avverte Cartabellotta – l’IA rischia di essere un inganno, non uno strumento».
Sanità diseguale, ma non tutti lo sanno
Due studenti su tre ritengono che l’accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza non sia uguale in tutte le Regioni. È il dato che racconta la sanità a due velocità, percepita anche da chi non ha mai fatto un esame. Ma un terzo degli intervistati resta incerto, neutrale, inconsapevole. È il segno che la frattura territoriale non è ancora vissuta come una questione di diritti. La salute, per molti, resta un affare astratto, distante, opaco. E dove manca la conoscenza, manca anche la pretesa. Non si rivendica ciò che non si sa di avere.