Il XVI Atlante dell’infanzia (a rischio) curato da Save the Children arriva con un messaggio semplice e irriducibile: le adolescenze italiane chiedono ascolto. I curatori parlano di un viaggio «in città, campagne, scuole, comunità, palestre» per restituire le voci di chi ha tra 13 e 19 anni. La fotografia è nitida. In Italia solo una persona su 15 è adolescente, una minoranza numericamente fragile, esposta agli effetti di una demografia sfavorevole e a disuguaglianze che crescono proprio nella fase in cui la costruzione dell’identità è più vulnerabile.
La condizione psicologica è il primo punto d’allarme. Secondo l’indagine contenuta nell’Atlante, meno della metà (49,6%) dei ragazzi e delle ragazze mostra un buon livello di benessere psicologico. La differenza di genere è una frattura: il 66% dei ragazzi dichiara un equilibrio soddisfacente, solo il 34% delle ragazze. È il divario più ampio d’Europa, oltre 30 punti percentuali. Nel quotidiano, il 9% ha sperimentato forme di isolamento volontario legate a difficoltà psicologiche, mentre quasi uno su otto usa psicofarmaci senza prescrizione, con una prevalenza più alta tra le ragazze (16,3%).
Le relazioni restano un appiglio: più dell’80% è soddisfatto dell’amicizia, il 78% del rapporto con i genitori. Ma il 31% segnala «gravi problemi» familiari, un dato che descrive un terreno instabile. Il consenso verso gli adulti resta alto, eppure le testimonianze raccolte dall’Atlante raccontano una generazione che avverte la distanza: la risposta a come stanno gli adolescenti «dipende da come stiamo noi adulti», osservano i ricercatori, indicando una corresponsabilità non aggirabile.
Onlife e povertà educativa
La vita dei nativi digitali è descritta come “onlife”, senza confini tra mondo fisico e digitale. Il 92,5% utilizza strumenti di Intelligenza artificiale, contro il 46,7% degli adulti. Il dato più drammatico è però la funzione emotiva che l’IA sta assumendo: il 41,8% degli adolescenti afferma di aver chiesto aiuto a chatbot come ChatGPT «quando era triste, solo o ansioso». Una percentuale simile (42,8%) la interpella per decisioni importanti: relazioni, scuola, scelte di vita. Il 63,5% trova «più soddisfacente» parlare con un sistema artificiale che con una persona reale. «È sempre disponibile», «non giudica», «mi capisce»: sono le motivazioni che emergono nel sondaggio.
La solitudine si infiltra nell’iperconnessione. Un adolescente su otto è iperconnesso, il 38% guarda spesso il cellulare anche in presenza di altri, il 27% diventa nervoso se non lo ha con sé. Il 47,1% è stato vittima di cyberbullismo, in forte aumento rispetto al 31,1% del 2018.
Il lato “offline” racconta un Paese che non offre spazio. Il 46,2% non legge libri al di fuori dei testi scolastici. Un adolescente su due non ha visitato mostre o musei nell’ultimo anno; nel Mezzogiorno la quota supera il 60%. Il 18,1%non pratica sport, quasi il 30% se vive al Sud. I dati sulle vacanze sono un indicatore di povertà educativa: solo il 47,6%dei 15-24enni ha fatto almeno una notte fuori casa nel 2024, contro l’81% dei coetanei spagnoli e il 90% degli olandesi.
Le testimonianze raccolte dall’Atlante nei Punti Luce, nelle scuole, nelle comunità residenziali descrivono una fame di luoghi in cui stare, sperimentare, respirare. Il capitolo “Fame di spazi” è esplicito: serve un’infrastruttura educativa territoriale che oggi manca, soprattutto nelle periferie e nelle aree interne.
L’urgenza politica
Le conclusioni dell’Atlante non hanno tono tecnico. Sono un avvertimento politico: il disagio adolescenziale è un’emergenza di sistema. «Le disuguaglianze economiche, educative e sociali si fanno più pesanti in questa fase cruciale della crescita», afferma Raffaela Milano, direttrice del Polo Ricerche. Il quadro demografico rende il problema ancora più urgente: pochi adolescenti, sempre più soli, spesso figli unici, sempre più esposti al rischio di povertà materiale ed educativa.
Il documento chiede con nettezza il potenziamento dei servizi di salute mentale per l’età evolutiva, un ruolo educativo della scuola che includa affettività e relazioni, e politiche sugli spazi che riconoscano il diritto degli adolescenti a ritrovarsi. La fotografia è chiara: guarda un Paese che gli adolescenti percepiscono come distante e intermittente, mentre cercano «un luogo dove esprimersi, essere ascoltati, sentirsi parte».
Le voci raccolte nell’Atlante chiudono il cerchio: la generazione che parla «senza filtri» domanda una cosa semplice, quasi ovvia. Essere riconosciuta. Perché crescere non è una traiettoria individuale: è un patto tra generazioni, oggi incrinato.