Scacco matto in Emilia-Romagna

Di Sergio Castelli

Certo che di questo passo diventa davvero difficile provare a riformare il Paese. Perché se da un lato c’è un governo che, seppur in ordine sparso, prova a cambiare qualcosa, dall’altro c’è sempre chi è pronto a salire sulle barricate per difendere il proprio orticello. E quindi guai a toccare certi interessi. Come il caso dei magistrati che ieri, attraverso una nota durissima dell’Anm, hanno stroncato il disegno di riforma della Giustizia. Perché? Per la riduzione delle ferie. “Se fosse confermata, l’annunciata riduzione delle ferie”, si legge nel comunicato, “decisa senza alcun previo confronto con la magistratura, sarebbe un grave insulto non per l’intervento in se stesso ma per il metodo usato e per il significato che esso esprime”. Secca la replica da larghe frange del Partito democratico che hanno puntato il dito contro i 46 giorni di riposo che “sono francamente troppi”. Anche il vice presidente della Camera Roberto Giachetti ha commentato ironicamnete su Twitter: “Adesso ci spiegheranno che anche il taglio da 45 a 30 giorni di ferie è una minaccia all’autonomia e all’indipendenza della magistratura?”. Poi, coincidenza ha voluto, che nel pomeriggio il premier Matteo Renzi, incassasse anche un brutto colpo con il renziano Matteo Richetti (doveva candidarsi alle primarie) indagato con altri esponenti del Pd per le spese pazze. E sul Pd è partita la bufera.

I numeri in Europa
Così si profila un muro contro muro tra magistratura ed esecutivo che non fa certo bene al Paese. Ma per avvalorare la loro protesta l’associazione dei giudici pone l’attenzione sul fattore produttività. “La magistratura italiana”, scrive l’Anm, si pone al primo posto per produttività in Europa nella materia penale e al secondo in quella civile. Tutto ciò è stato reso possibile solo grazie all’impegno straordinario dei magistrati e del personale di cancelleria che ha potuto contenere i danni peggiori e perfino ridurre in molti casi l’arretrato, grazie a una produttività eccezionale”. A corredo della dura presa di posizione l’Anm ha snocciolato i dati statistici elaborati dal Cepej-Cpnsiglio d’Europa. Secondo cui nell’anno 2010 sono stati definiti 2 milioni e 834 mila procedimenti civili, molti di più rispetto alla Francia che ne ha definiti 1 milione e 793 mila e alla Germania (1 milione e 586 mila). I giudici italiani nel civile sarebbero quindi secondo soltanto a quelli russi. Proporzione che si ripeterebbe stando alle cause penali, dove l’Italia doppia la Francia e fa meglio anche della Germania. Detto ciò sarebbe necessario comunque un ragionamento più d’insieme sull’intero comparto che, ovviamente, si differenzia tra Paese e Paese.

Le richieste all’esecutivo
Non solo critiche ma anche qualche indicazione direttamente dai magistrati. Uno snodo cruciale, secondo l’Anm, sarebbe quello di investire ingenti risorse per assumere personale amministrativo, ma anche mezzi e riforme coraggiose della normativa civile e penale. “Da lungo tempo ormai il sistema giudiziario italiano versa in una grave crisi di efficienza e funzionalità”, scrivono i magistrati, “che si traduce in crisi di credibilità della Giustizia con una ricaduta sul principio di legalità e uguaglianza dei cittadini davanti alla legge”. Ma nel mirino finiscono anche interventi fatti in passato come la riforma della prescrizione e la depenalizzazione del falso in bilancio.

Di Valerio Rossi

Bufera giudiziaria sul Partito democratico. Proprio nel giorno in cui arriva la dura presa di posizione dell’Associazione nazionale magistrati contro la Riforma della Giustizia studiata dal governo. Nel pomeriggio di ieri il banco è saltato in Emilia Romagna travolgendo anche due candidati alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato alla poltrona di governatore.
Matteo Richetti e Stefano Bonaccini, i due candidati renziani di punta del Pd, sono finiti nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi dei gruppi consiliari.

Dibattito aperto tra i Dem
Richetti si è ritirato immediatamente dalle primarie, Bonaccini invece no. Qualcosa di strano si era respirato già in mattinata. Alle 12 sorpresa aveva destato la mancata presentazione delle firme da parte di Richetti. E la spiegazione citava motivi di “unità del partito”, almeno fino al pomeriggio quando è venuta fuori la notizia di un’indagine per peculato legata alle spese pazze in Regione. La contestazione sarebbe quella di uso improprio dei soldi pubblici all’epoca in cui era presidente del consiglio regionale. Stessa sorte per Bonaccini, segretario regionale, membro della segreteria nazionale e favorito numero uno per la consultazione fra iscritti ed elettori del 28 settembre, e che insieme all’ex sindaco di Forlì Roberto Balzani ha presentato la candidatura.
Ora chissà se Bonaccini cambierà idea e si ritirerà o se affronterà una campagna elettorale in cui dovrebbe sopportare anche il fuoco mediatico.

Il piano di riserva
Chi ne esce con le ossa rotte è in ogni caso il Partito democratico con il suo segretario su tutti.
E quindi già si sta lavorando a un piano d’emergenza con nomi alternativi in grado di concorrere alle primarie per la regione. Già circolano i nomi del sindaco di Imola Daniele Manca, e anche ipotesi più suggestivi quali Graziano Delrio e Giuliano Poletti. Ma con questo colpo il comando nella roccaforte del Pd rischia davvero poter essere messo in bilico. Una brutta gatta da pelare per Renzi che ora dovrà studiare una soluzione per evitare un dopo Errani in regione che dopo l’indagine scattata sulle spese pazze rischia davvero di riservare un futuro con un retrogusto molto amaro. Il 28 settembre è ormai alle porte, e in Emilia-Romagna aspettano la soluzione che presto dovrà essere indicata direttamente dal Nazareno.