Scambio di accuse tra M5S e Pd. La sconfitta in Umbria presenta il conto. Il premier minimizza. Ma c’è il rischio di nuove tensioni sulla Manovra

Nessun test nazionale e nessun riflesso sul Governo. Per settimane, mentre il centrodestra e soprattutto Matteo Salvini spingevano sull’Umbria, per risollevarsi dall’errore compiuto in estate mettendosi fuori dai giochi con il blitz fallito dalla spiaggia del Papeete, Pd e Movimento 5 Stelle hanno continuato a ripetere che l’esito del voto umbro non avrebbe minimamente influito sull’accordo giallorosso su Palazzo Chigi. Davanti alla pesante sconfitta di ieri, però, non sono arrivate all’Esecutivo soltanto le bordate delle destre. Sono iniziati anche i distinguo tra i dem, le prese di distanza pentastellate e le frecciate dei renziani. Con un obiettivo principale, il premier Giuseppe Conte. Salvo poi giurare tutti che il Governo andrà comunque avanti. Fino alla fine della legislatura. Si vedrà. Per ora Partito democratico, M5S e Leu proseguono l’esperienza nata dalle ceneri gialloverdi. Ma fino a quando è difficile stabilirlo. E ancor più complicato è capire cosa accadrà dopo. Mentre proprio per il presidente del Consiglio, già provato dalle tante battaglie sulla Manovra, tutto si fa più complicato.

IL PRESIDENTE. “Proseguiamo il cammino, ma serve maggior spirito di squadra”, ha dichiarato il premier incontrando la stampa a Marina di Ravenna. Dichiarazioni fatte dopo aver specificato di non essere pentito di averci messo la faccia in Umbria e dopo aver commentato il risultato con delle telefonate fatte sia al capo del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, che al segretario del Pd, Nicola Zingaretti. “Il voto di ieri in Umbria – ha aggiunto il presidente del Consiglio – è un test regionale che non va trascurato affatto”, precisando però che quello regionale e quello nazionale sono “piani diversi”. Ma a impensierire il premier non sembrano le parole scontate delle destre, con Salvini che lo ha definito un omino, bensì le reali intenzioni delle forze che compongono il suo Esecutivo.

I 5 STELLE. Il ministro Luigi Di Maio, come già sostenuto sul blog delle Stelle dopo i primi risultati sulle consultazioni umbre, ha specificato che il Movimento “va meglio quando va da solo”. Sul Governo però ha assicurato lealtà. Salvo evidenziare: “Al Governo siamo una squadra e si vince e si perde insieme. Per i prossimi mesi però bisognerà dettagliare meglio il programma, c’è bisogno che il programma sia migliorato e innovato”. Ancora, pur assicurando che intende arrivare con l’Esecutivo giallorosso alla fine della legislatura, sempre il capo politico pentastellato ha affermato: “L’esecutivo non c’entra con le elezioni regionali, ma il Movimento cinque stelle non ne trae vantaggi in termini di consenso. Il Partito democratico ci fa male, come la Lega, nello stare insieme al governo”. Posizioni che non sembrano facilitare l’azione che deve portare avanti il Conte 2.

I DEM. Mal di pancia del resto non mancano anche tra i dem. Mentre soprattutto il ministro Dario Franceschini insiste per nuove intese anche nelle prossime elezioni regionali, lo stesso vice segretario Andrea Orlando ha dichiarato che o si passa da una mera sommatoria di parlamentari a un’alleanza decisa a cambiare il Paese, o “il rischio è che ci sia un logoramento che non conviene a nessuno”. “Al governo serve fare un salto di qualità nella condivisione di una prospettiva che non può essere solo tattica contro qualcuno”, ha aggiunto Maurizio Martina. Ancor più duro il governatore della Toscana, Enrico Rossi: “Meglio perdere da soli piuttosto che tentare alleanze all’ultimo momento con i cinque stelle, da cui ci separano valori, concezione della politica e proposte concrete”. “Se perdi combattendo per le tue idee, sulla sconfitta puoi costruire. Se perdi sacrificando le tue battaglie ad alleanze innaturali, puoi solo perdere ancora. Torniamo a batterci per le nostre idee”, ha twittato Matteo Orfini. Rapporti dunque sempre più complicati. E Conte deve continuare a mediare. Coezzo di me fa da giugno 2018.