Schiaffone europeo alle Fondazioni bancarie

di Stefano Sansonetti

In quattro giorni un doppio schiaffone che si è fatto sentire. L’ultimo, forse il più fastidioso, è arrivato dritto dall’Europa ed è contenuto in un piccolo passaggio delle Raccomandazioni recapitate l’altro ieri all’Italia dal Consiglio europeo. Poche righe, passate pressoché inosservate nel contesto di un documento che si è fatto più che altro notare per i toni critici nei confronti delle riforme traballanti del governo Renzi e dell’alto livello del debito pubblico. Eppure al punto numero 4 del documento c’è una rasoiata chirurgica, che ha prodotto un bel po’ di fibrillazione nel felpato mondo delle fondazioni bancarie. Nel mirino di Bruxelles, infatti, sono finiti anche gli enti che tutt’ora, seppure in quantità minori rispetto al passato, detengono corpose quote nell’azionariato delle banche nostrane. Ebbene, nel passaggio incriminato si chiede all’Italia di “continuare a promuovere e monitorare pratiche efficienti di governo societario in tutto il settore bancario, con particolare attenzione alle grandi banche cooperative (banche popolari) e alle fondazioni, al fine di migliorare l’efficacia dell’intermediazione finanziaria”.

Il bersaglio
Ora, il linguaggio è il solito burocratese europeo, ma c’è da giurare che il riferimento abbia fatto un bel po’ di rumore nelle stanze dell’Acri, l’associazione delle casse di risparmio e delle fondazioni bancarie presieduta da 14 anni dall’ottantenne Giuseppe Guzzetti, che addirittura dal 1997 presiede senza soluzione di continuità la fondazione Cariplo. Del resto la recente storia bancaria italiana, con i casi di Mps e Carige gestite in modo a dir poco fallimentare dalle rispettive fondazioni, non è che lasci grandi spazi a eventuali difese. Senza contare l’incisiva presenza degli enti negli altri grandi gruppi del credito. In Unicredit la Fondazione Cassa di risparmio di Verona, presieduta dall’intramontabile Paolo Biasi, ha il 3,5%, seguito dal 2,5% della Fondazione Crt (guidata da Antonio Maria Marocco) e dal 2,2% di Carimonte, holding controllata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Modena e dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. In tutto i loro pacchetti arrivano a valere più dell’8% della banca. La situazione si fa ancora più “rumorosa” in Intesa, dove il primo azionista con il 9,7% è quella Compagnia Sanpaolo al vertice della quale si è sistemato da non molto tempo Luca Remmert. A seguire ci sono la Fondazione Cariplo di Guzzetti con il 4,9%, la Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo con il 4,2%, l’Ente Cassa di risparmio di Firenze con il 3,3% e la Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna con il 2%. In questo caso la somma dei pacchetti arriva a superare il 24% della banca. Insomma, pare evidente che su questi intrecci l’opinione di Bruxelles non sia molto positiva. Al punto da richiamare l’esigenza di “promuovare pratiche efficienti di governo societario” e “migliorare l’efficacia dell’intermediazione finanziaria”.

Gli sviluppi
Tra l’altro il richiamo alle fondazioni deve aver fatto fischiare le orecchie allo stesso Matteo Renzi, che proprio in quel mondo ha spesso cercato e trovato appoggi. Basti pensare a Jacopo Mazzei, l’allora presidente dell’Ente Cassa di risparmio di Firenze che è stato tra i primissimi sponsor dell’ex sindaco. Oppure a Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino ed ex presidente della Compagnia Sanpaolo. Ma sulle fondazioni, venerdì scorso, sono piovuti anche gli strali di Bankitalia. In un passaggio delle “Considerazioni finali”, il governatore Ignazio Visco ha invitato “a rafforzare la separazione tra fondazione e banca, non consentendo il passaggio dai vertici dell’una agli organi dell’altra ed estendendo il divieto di controllo ai casi in cui esso è esercitato di fatto, anche congiuntamente con altri azionisti”. Riferimenti che più chiari di così si muore.

Twitter: @SSansonetti