L’avvocato Francesco Baranca, presidente del Comitato etico dell’associazione calcistica ucraina, è probabilmente il massimo esperto italiano di game fixing (cioè match i cui risultati sono manipolati dagli atleti, spesso manovrati da gruppi malavitosi attivi nel mondo del gioco d’azzardo cladestino). A Baranca, che con le sue denunce nel 2015 fece esplodere il caso delle partite truccate del Catania, abbiamo chiesto un parere sul nuovo scandalo del calcioscommesse. Ci ha risposto da Kiev, perché, nonostante le sue denunce (o forse proprio a causa di quelle), Baranca è stato ostracizzato dal mondo del calcio italiano. Intanto in Ucraina, il cui calcio era considerato tra i più corrotti d’Europa, in tutte le categorie, il game fixing col “metodo Baranca”, è stato sconfitto.
La sorprende che sia esploso un nuovo “caso scommesse” nel calcio?
“Non mi sorprende affatto, è ciclico, quello che mi sorprende è che se ne parli come fosse una sorpresa assoluta, quando in realtà tutti sanno che i calciatori sono fruitori di prodotti di gioco. È il loro profilo – tempo libero, grandi disponibilità di denaro, spirito di competività – a suggerirlo”. Nei ritiri si è sempre giocato a carte per soldi, ora i tempi sono cambiati e il livello di pericolosità si è alzato notevolmente. Sono cose che dico da anni…”.
Lo ritiene un caso isolato a pochi giocatori o pensa che l’inchiesta si allargherà?
“Se l’inchiesta si allargherà dipende da quanti elementi verranno raccolti, sul fatto che sia un episodio isolato ovviamente no! Credo che il 90% dei calciatori e degli sportivi in genere sia attratto dal gioco e il confine tra poker e scommesse sportive – visto che si possono trovare sullo stesso sito di scommesse – è davvero labile”.
Lei da anni lancia l’allarme per le scommesse dei giocatori, perché nessuno l’ha mai ascoltata?
“Perché in Italia, anzi nel mondo, non si sono mai sviluppati anticorpi contro questo tipo di problemi. Parlarne è sempre un tabù, chi dice come stanno le cose viene emarginato, si nasconde la sabbia sotto il tappeto… E così ogni tot anni siamo di nuovo a lanciare grida di allarme, salvo poi dimenticarcene dopo una settimana…”.
Lei afferma che il giocatore ludopatico è associato al game fixing, perché?
“Non sono io a dirlo, sono le varie inchieste. Mai visto truccare una partita un calciatore che non fosse scommettitore. Il meccanismo è semplice: il calciatore si avvicina al gioco, perde come tutti, e si ritrova ricattabile. Se poi le perdite diventano ingenti, il passo – o meglio il baratro – verso il match fixing è a portata di click. I calciatori dovrebbero capire che chi organizza e dà la possibilità di puntare, rischia poco o nulla dal punto di vista penale e zero da quello sportivo, se non sono soggetti del mondo del calcio, mentre loro rischiano tantissimo. E se per un calciatore di serie A, la protezione finanziaria è elevata, non altrettanto lo è nelle categorie inferiori, dove si scommette allo stesso modo. Il tutto poi è complicato ora dal fatto che se prima, per truccare una partita su un risultato o sul numero di gol, servivano un certo numero di complici, ora potendo puntare sulle ammonizioni si può essere “autosufficienti”…”.
La Serie A è “controllata” cotro il game fixing: quel monitoraggio funziona?
A partire dal 2011 serie A e poi serie B – dopo lo scandalo della partite truccate del Catania – hanno sicuramente migliorato in tema di match fixing (fare peggio era oggettivamente impossibile). Il match fixing si è spostato verso le categorie inferiori ed è solo questione di tempo perché succeda nuovamente qualcosa in Italia. Ieri vedevo che tutte le partite dei nazionali dilettanti erano quotate dai bookmakers in Asia, così come tutte le partite delle donne, del campionato primavera serie B e persino degli under17 delle nazionali, Italia compresa (e qui parliamo di ragazzini). Mi spiega perché in Asia dovrebbero puntare su partire di 17enni..? In giro per il mondo, il match fixing a livello di categorie inferiori e tutti gli sport (esports compresi) non fa più notizia, ma parliamo di numeri mostruosi. Calcoli che il fatturato globale delle scommesse vale oltre 2000 miliardi di dollari l’anno”.
Perché c’è voluto Fabrizio Corona per far esplodere l’ennesimo bubbone?
“Io credo che senza la spettacolarizzazione della notizia l’inchiesta avrebbe avuto un’eco assolutamente minore. Non sto a giudicare se questo sia giusto o meno, ma certamente Corona ha qualcuno di ben informato all’interno dell’inchiesta. Se poi mi chiede se sono contento che se ne parli, penso che sia questione di giorni e poi un’altra volta tutto nel dimenticatoio”.
Cosa si deve fare per evitare che questa situazione continui?
“Bisogna lavorare sull’educazione alla scommessa con i soggetti più giovani e continuare a seguirli. Eliminare i conflitti di interesse, creare figure professionali che seguano le società, far sì che l’integrità non sia più un costo, ma un guadagno legato alla vendita dei dati per le scommesse pulite. Codici etici strutturati. Società e calciatori non devono essere lasciati soli, ma devono cominciare ad affrontare i problemi seriamente. Anche la riforma del sistema gioco con il Decreto dignità non ha raggiunto il risultato, perché ha colpito solo i bookmakers regolari, tralasciando quelli irregolari, che sono il vero problema. Le scommesse nel calcio esisteranno sempre e sono fonte di guadagno, va cambiato l’approccio. Sul lato dell’educazione alla scommessa non si è fatto nulla. Tranne società virtuose come l’Atalanta, nessuno investe tempo e professionalità per affrontare il problema. Venti minuti l’anno di corsi ai giocatori e niente altro. Calciatori e squadra sono anche vittime di un sistema perverso. Ha detto bene Djokovic sul tennis (altro sport afflitto dalla piaga dei match combinati, ndr): si scommettono milioni su tornei insulsi, senza nessuna compensazione per il tennista oggetto di scommesse. Lo stesso nel calcio, perché una società di serie D deve vedere le sue partite offerte in Asia, rischiare di essere travolta dal match fixing e non ricevere alcuna compensazione?”.
Come avete sconfitto il game fixing in Ucraina?
“Riconoscendo l’esistenza del problema, poi trasparenza, monitoraggio in tempo reale delle scommesse su ogni categoria, vendita regolare dei dati ai bookmakers, cooperazione con tutti gli stakeholders e cambio di mentalità”.