Se stacca la spina Matteo rischia. Ecco perché il Governo durerà. Parla il sondaggista Baldassari: “Rompere è un azzardo. Le Europee e le Regionali non sono test per le Politiche”

Intervista a Roberto Baldassari, presidente e amministratore delegato di Gpf Inspiring Research

“Con la Lega al 34-35% e Fratelli d’Italia al 6-7%, la questione non si porrebbe nemmeno: dopo le Europee Salvini sarebbe obbligato a staccare la spina al Governo per capitalizzare subito un consenso che, altrimenti, potrebbe andare disperso. Ma non credo che sia uno scenario ipotizzabile”. Roberto Baldassari, presidente e amministratore delegato di Gpf Inspiring Research, non ha dubbi.

Su cosa basa la sua convinzione?
“I voti non si inventano. Il 35-36% della Lega che spingerebbe Salvini immediatamente alle urne presuppone anche altre condizioni”.

Sarebbe a dire?
“Innanzitutto, un crollo totale di Forza Italia, che è ancora un brand e il cui risultato dipenderà molto dal tipo di partita che giocherà Berlusconi. Ci sarà da vedere quanti voti la Lega drenerà al vecchio leader di Arcore”.

E che altro?
“Considerato il sistema elettorale delle Politiche, il 35-36% della Lega dovrebbe essere ben distribuito su tutto il territorio per tradursi in maggioranza parlamentare. Diversamente, se fosse concentrato solo in determinate zone del Paese, superare il 40%, sommando i voti di Fratelli d’Italia, potrebbe non bastare. E, al momento, questa distribuzione omogenea sul territorio nazionale non la vedo. Al Centro-Sud la Lega non è ancora strutturata”.

Eppure le Regionali in Abruzzo, Sardegna e Basilicata sembrerebbero dire il contrario…
“Alle Regionali, Salvini ha iniziato il suo battage incessante nell’ultimo mese di campagna elettorale. Ma alle Politiche ripetere questa performance in tutto il Paese è impossibile. Né ci sono altre figure che potrebbero affiancarlo in campagna elettorale con gli stessi risultati. Senza contare che il voto delle Regioni non è lo specchio di tutto il Paese e non può essere considerato un test nazionale”.

E invece le Europee?
“Anche le Europee sono elezioni diverse dalle Politiche. L’elettorato di un partito che vota alle Politiche non necessariamente vota anche alle Europee. Ricorda il 40% di Renzi alle Europee del 2014? Non è stato certo riconfermato alle successive Politiche”.

Che impatto può avere il caso Siri sulla Lega?
“Minimo. Siri è percepito più come tecnico che come politico ed è scarsamente riconoscibile”.

I toni della campagna elettorale si sono inaspriti. Salvini sta picchiando duro sulla Raggi…
“Non potendo farlo con Di Maio, sta sondando gli effetti di un attacco contro un personaggio riconoscibile, come il sindaco di Roma, sull’elettorato Cinque Stelle. Ma anche su Roma Salvini deve stare attento: dopo l’assoluzione di Marino, se il Pd lo ricandidasse, la Lega correrebbe il rischio che a vincere la sfida possa essere proprio l’ex sindaco della Capitale”.

Come la prenderebbero i suoi elettori se Salvini staccasse la spina ad un Governo tanto popolare tra la sua stessa base?
“La base storica, quella di Roma Ladrona per intenderci, non gradirebbe. Ma oggi rappresenta solo parte dell’oltre 30% dei consensi della Lega. Un 10-15% di elettori, che in gergo si definiscono flotter, se ne fregherebbe se Salvini staccasse o meno la spina. Ma il vero problema è un altro”.

E quale sarebbe?
“I Cinque Stelle hanno perso voti, ma non c’è stato un crollo. Se alle Europee si assestassero almeno tra il 24 e il 26%, il Pd sopra il 20% e queste percentuali fossero confermate subito dopo alle Politiche potrebbero contendere, accordandosi, il Governo alla Lega e a Fratelli d’Italia. Non solo. Se Salvini staccasse la spina all’Esecutivo, non è detto che si tornerebbe subito al voto: Pd e Cinque Stelle hanno già adesso i numeri per dare vita ad un altro Governo senza passare per le urne. Se fossi nella war room di Salvini gli sconsiglierei di rompere”.

Insomma, l’ipotesi più probabile è che il Governo Conte continui anche dopo le Europee?
“Sì, magari con un rimpasto. Che aiuterebbe soprattutto i 5 Stelle. Tornando all’attacco Di Maio ha arrestato l’emorragia, ma per risalire ha bisogno di una squadra più solida e riconoscibile”.