La bozza sul decreto Semplificazioni circolata qualche giorno fa ha provocato una levata di scudi da parte dei sindacati e di mezzo governo (Pd, M5S e Leu). Nel mirino la proposta di eliminare la soglia del 40% per affidare i lavori in subappalto che – secondo i suoi critici (leggi l’articolo) – aprirebbe le porte all’illegalità e il criterio del massimo ribasso per le gare. Tanto che ora il governo pensa di fare marcia indietro.
Il premier Mario Draghi da Bruxelles mette le mani davanti. Sul decreto semplificazioni “il testo girato nei giorni scorsi – spiega – è una bozza molto preliminare. Arriviamo nei prossimi giorni, direi immediatamente, a una risposta definitiva che verrà condivisa a livello di cabina di regia e di Consiglio dei ministri. Si tratta di cambiamenti molto importanti, sollecitati dalla Commissione, profondi. Mi aspetto una diversità di vedute: si tratterà di trovare un punto di incontro senza che venga snaturato l’obiettivo principale di questo sforzo, la costruzione di un’Italia più equa, competitiva, capace di aumentare la produzione sostenibile e l’occupazione. Insomma, l’Italia che vediamo nel Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Secondo le ultime indiscrezioni, dunque, potrebbero saltare dal testo del decreto le norme più contestate. L’ultima ipotesi è che il testo contenga non più la liberalizzazione del subappalto ma solo una proroga della soglia al 40% (in scadenza a giugno 2021). Potrebbe inoltre scomparire anche il riferimento al massimo ribasso per gli appalti, sostituito dall’offerta “economicamente più vantaggiosa” che tenga conto anche degli aspetti qualitativi. La revisione più approfondita delle norme del Codice degli appalti potrebbe quindi essere rimandata al ddl delega previsto dal Pnrr.
Il decreto Semplificazioni, che avrebbe dovuto essere approvato il 20 maggio, secondo il cronoprogramma inviato in Ue, rappresenta il primo provvedimento che traduce le promesse del Recovery plan italiano: tagliare i tempi per la costruzione delle infrastrutture. Ma c’è spazio anche per la cosiddetta rigenerazione urbana, vale a dire la possibilità di demolire e ricostruire i palazzi nei centri storici delle città, e per un pacchetto di norme che dovrebbero facilitare l’utilizzo del superbonus, misura voluta e difesa dai Cinque Stelle, che non lesinano critiche rispetto alla bozza circolata.
“Per consentire al Superbonus 110% di continuare a spingere la ripresa economica servono misure che vadano verso una reale semplificazione e un deciso snellimento delle procedure. Per questo non ci convince l’impostazione che il governo sta adottando nella definizione degli interventi da inserire nel decreto Semplificazioni”, dichiarano i deputati del M5S in commissione Ambiente e Attività produttive. Che insistono per la proroga al 2023 “irrinunciabile se non si vuole correre il rischio di frenare la corsa del settore edile”.
Tra le priorità, poste dai Cinque Stelle, anche quella di incrementare i lavori sui condomini, “per questo serve un sistema che consenta di risolvere i casi di piccole difformità senza lungaggini”. E ancora: “Abbiamo proposto la semplificazione autorizzativa per isolamento termico a cappotto mediante semplice Cila, l’ampliamento degli interventi considerati ‘trainati’, la deroga alle due classi energetiche per gli immobili soggetti a particolari vincoli. C’è anche bisogno di introdurre la possibilità di calcolare l’Ape escludendo dal computo i condomini che non vogliono accedere al Superbonus e di prevedere una detrazione delle spese per le famiglie costrette a spostarsi presso strutture ricettive per il tempo necessario a realizzare i lavori”.