La Serbia continua a essere attraversata da un’ondata di mobilitazioni studentesche che, da giorni, paralizza il traffico e scuote la scena politica del Paese. Lunedì 7 luglio si è registrata l’ennesima giornata di proteste, con blocchi stradali e presidi pacifici in numerose città, tra cui Belgrado, Novi Sad, Uzice, Pirot e Cacak.
Alla guida del movimento ci sono gruppi studenteschi riuniti sotto la campagna “Kojekude”, che invita la popolazione a mobilitarsi contro il governo in carica, chiedendone le dimissioni. Le manifestazioni, organizzate in forma spontanea e coordinate tramite i social, stanno ottenendo sempre più adesioni, soprattutto da parte dei giovani.
A Uzice, i manifestanti hanno bloccato nel tardo pomeriggio la strada statale in direzione di Zlatibor, una delle principali vie di collegamento della regione. Dopo una breve presenza, polizia e gendarmeria si sono ritirate, lasciando proseguire il blocco senza interventi.
Nella capitale Belgrado, centinaia di studenti hanno presidiato vari punti strategici della città, creando rallentamenti soprattutto nei pressi del Parlamento e in alcune arterie centrali. Anche a Novi Sad, il traffico è stato interrotto all’altezza del mercato di Futoška pijaca, uno degli snodi principali del capoluogo della Voivodina.
Serbia, nuove proteste studentesche paralizzano il Paese: blocchi stradali e presidi in diverse città
Disagi alla circolazione sono stati segnalati anche nelle città di Pirot e Cacak, dove piccoli gruppi hanno bloccato le strade locali. Nonostante la forte partecipazione, le manifestazioni si sono svolte in modo prevalentemente pacifico, senza episodi di violenza.
Il governo, però, condanna con fermezza le azioni in corso. Il ministro dell’Interno Ivica Dačić ha definito i blocchi “azioni illegali che ostacolano il funzionamento del Paese”, invitando i cittadini a rispettare l’ordine pubblico e a non aderire a “forme di protesta che compromettono la vita quotidiana”.
Le proteste si inseriscono in un clima di crescente malcontento sociale nei confronti dell’attuale leadership politica. I manifestanti contestano, tra le altre cose, la gestione della crisi economica, la mancanza di riforme democratiche e la crescente repressione del dissenso.
Nonostante l’appello alla calma da parte del governo, il movimento “Kojekude” non sembra intenzionato a fermarsi. I promotori hanno già annunciato nuove azioni nei prossimi giorni, con l’obiettivo di aumentare la pressione sull’esecutivo.