Si continua con i Dpcm. Ma nessuno grida più allo scandalo. Prima stretta dell’era Draghi. Il premier firma, ma non ci mette la faccia. E spedisce la Gelmini e Speranza in conferenza stampa

Si continua con i Dpcm. Ma nessuno grida più allo scandalo. Prima stretta dell’era Draghi. Il premier firma, ma non ci mette la faccia. E spedisce la Gelmini e Speranza in conferenza stampa

“Noi riteniamo che differenziare i territori sia la strada giusta perché ci permette di dare la risposta più idonea ad ogni segmento”, così Roberto Speranza e Maria Stella Gelmini, nella conferenza stampa di presentazione del nuovo Dpcm anti-Covid (qui il testo), insieme al presidente dell’istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, e il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Il primo Dpcm del governo guidato da Mario Draghi entrerà in vigore il 6 marzo e sarà valido fino al 6 aprile. Pasqua inclusa, dunque.

L’idea del governo, che recepisce dunque le indicazioni del Comitato tecnico scientifico (Cts), è di chiudere gli istituti automaticamente in zona rossa e dare la facoltà nelle altre aree di chiudere gli istituti se in zona gialla o arancione poco importa, si raggiungono 250 casi ogni 100 mila abitanti. Rinviando dunque la decisione ai governatori e ai sindaci. Per arrivare a un accordo Draghi ha convocato ieri mattina alcuni ministri – Speranza (Salute), Gelmini (Affari regionali), Daniele Franco (Economia), Patrizio Bianchi (Scuola), Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico), Dario Franceschini (Cultura), Stefano Patuanelli (Politiche agricole), Elena Bonetti (Famiglia) -, i membri del Cts e gli enti locali.

Ma il provvedimento non trova tutti d’accordo. Nello specifico le obiezioni di diversa natura arrivano dalle Regioni. In testa il presidente della Puglia, Michele Emiliano: “Deve essere il governo a scegliere le chiusure, non noi”. Il presidente del Veneto Luca Zaia, invece, avrebbe contestato il parametro dei casi per abitante, sottolineando che penalizza le regioni che fanno più tamponi, mentre il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, avrebbe evidenziato la necessità di prevedere un bonus per le famiglie che lavorano e avranno i bambini a casa.

Nella direzione indicata da Bonaccini va ad esempio la proroga dei congedi parentali promessa dalla ministra della Famiglia Bonetti che dovrebbe però confluire non nel Dpcm ma nel primo decreto “Sostegno” utile, per un importo di 200 milioni di euro. Dalla Campania sarebbero state segnalate criticità sulla formulazione dell’articolo. Mentre il sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro ha spiegato: “Siamo consapevoli che sia fondamentale salvaguardare la salute, anche con provvedimenti duri, ma allo stesso modo ho posto nuovamente il tema dei controlli sugli assembramenti su strade o piazze da parte delle forze dell’ordine: far sì che si accetti l’interruzione delle lezioni in presenza diventa più complicato se ogni sera ci sono centinaia di ragazzi in giro nei luoghi della movida”.

Insomma il nuovo Dpcm che il ministro Speranza sottolinea “non è un last minute” viene bocciato da molti. C’è poi un altro tema da non sottovalutare: la questione dei ristori nazionali per le attività che si trovano nelle zone rosse decise a livello locale. A sollecitare il provvedimento era stata nei giorni scorsi la Regione Umbria con una lettera al Governo della presidente Donatella Tesei. Poi, seguita dalle altre, nella Conferenza Stato-Regioni. Ma al momento non se ne parla.

La linea del rigore che sembra comunque, per ora, caratterizzare anche questo governo è supportata dai numeri: scrive l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) che sono passate da 8 a 9 le regioni che sono sulla soglia critica del 30%, o l’hanno superata, dei posti letto in terapia intensiva occupati dai malati di Covid. Le situazioni più critiche si hanno in Umbria (56%), Molise (49%) e la Provincia autonoma di Trento (47%). Seguono poi Abruzzo (40%), Friuli Venezia Giulia (35%), Marche (32%), Emilia Romagna (31%), Lombardia (31%), Provincia autonoma di Bolzano (31%) e Toscana (30%).

A livello nazionale la media è del 25%. Non sono lontane dalla soglia critica Piemonte (28%) e Puglia (29%), anche se quest’ultima è scesa dell’1% rispetto al precedente monitoraggio. Le situazioni migliori si hanno in Sardegna e Basilicata (9%), Val d’Aosta (10%) e Veneto (11%). Per quanto riguarda invece i reparti di area non critica, cioè malattie infettive, pneumologia e medicina generale, i letti occupati dai malati di Covid a livello nazionale sono il 30%, dunque sotto la soglia critica del 40%. Le regioni in cui questo valore è stato superato sono Abruzzo (43%), Marche (49%), Molise (44%), Provincia autonoma di Bolzano (40%) e Umbria (52%), una in più rispetto al precedente monitoraggio. Vicino alla soglia di allerta Emilia Romagna e Lombardia, entrambe al 39%.