Si parla poco e male di salute mentale

L'omicidio della dottoressa Capovani fa discutere. E torna la tentazione di smontare la Legge Basaglia.

Si parla poco e male di salute mentale

L’omicidio della psichiatra Barbara Capovani (nella foto) per mano del paziente che ha avuto in cura e al quale non ha potuto garantire la visita che pretendeva ci costringe a prendere in considerazione le condizioni in cui lavorano i medici e il personale paramedico nel circuito del sistema sanitario nazionale quando si tratta di patologie mentali.

Nel dibattito pubblico sul tema della salute mentale si finisce sempre per polarizzare le posizioni attorno alla Legge Basaglia e alla sua revisione

Nel dibattito pubblico, prendendo casi tristemente analoghi di cui è costellata la cronaca degli ultimi decenni, si finisce sempre per polarizzare le posizioni attorno alla legge 180 nota come “Legge Basaglia”. Il partito di Matteo Salvini proprio in queste ore evidenzia la necessità di una revisione di questa alludendo a un ripristino di una condizione di “costrizione” per le persone affette da patologie mentali della quale ci siamo liberati ben 45 anni fa segnando un importante passo in avanti nel percorso di “umanizzazione” delle cure a vantaggio del processo di integrazione nel tessuto sociale.

I diversi modelli di gestione del problema ruotano attorno a due diversi principi: quello della “costrizione” (praticato nei manicomi) quello della “riabilitazione” (che supera la ghettizzazione del disagio per affrontarlo nel tessuto relazionale attraverso adeguato supporto).

Il problema, denunciato a gran voce da chi faticosamente esercita la professione in un così delicato settore, è la carenza di personale e la mancanza di risorse di economiche per poter sostenere pazienti anche dopo i trattamenti sanitari obbligatori non lasciando l’onere – come frequentemente accade – a famiglie che, non di certo per loro colpa, si rivelano inadeguate a gestire la situazione.

La Legge Basaglia non prevede affatto l’abbandono della persona affetta da problemi mentali e le tragedie spesso sono conseguenza della sua mancata applicazione, o di una sua applicazione temporanea. Abbattere qualunque muro, incluso quello della segregazione dei manicomi, non voleva di certo significare tagliare il personale: al momento mancano circa 2000 psichiatri nella sanità pubblica assieme alla scarsità degli altri profili lavorativi che con questi collaborano in équipe. Tutto questo ha voluto dire chiudere dei servizi proprio in un periodo storico, basti pensare all’incremento esponenziale dei disturbi durante la pandemia, in cui il trend delle patologie mentali è in crescita anche tra i più giovani.

Nelle Rems mancano posti e personale

È evidente che talune di queste persone se non adeguatamente seguite entrano nel bacino di cui potenzialmente può costruire non solo pericolo per se stesso, ma anche per gli altri commettendo – come appunto nell’omicidio di Pisa – reati di assoluta gravità. La legge 81 del 2014 che ha previsto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari per i pazienti che hanno compiuto reato in uno stato di alterazione in favore delle “rems” (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) prevedeva che fossero istituite territorialmente comunità adeguate ad accogliere le persone a cui la magistratura riconosce che il reato è dovuto a origini psichiche.

Emerge invece una drammatica carenza di posti, circa mille attualmente, e liste di attesa infinite per accedere alle rems. Insomma, la legge va rivista nella sua effettiva applicabilità e certamente possono ribellarsi utili dei correttivi per potenziarne l’efficacia, ma la grande questione è che si è investito poco per debellare una piaga sociale che affligge il nostro Paese e della quale siamo indotti a prendere coscienza collettiva solo quando qualcuno perde la vita.

Irrisorie le risorse contenute nel Pnrr

Basti pensare che nel ‘99, come autorevolmente ricorda la presidente della Società italiana di Psichiatria Emi Bondi, nella conferenza stato regioni era stato stabilito che il 5 per cento del fondo sanitario regionale fosse destinato alla salute mentale mentre oggi siamo ancora al 3 per cento. Prima di buttarla in propaganda, occorrerebbe capire che le buone leggi funzionano quando in queste si investe concretamente e non quando le si tratta come “lettera morta”. Basti vedere nel Pnrr le risorse destinate al tema…