La Sveglia

Sigari e champagne e il massacro si fa show

Gli ostaggi sono stati liberati. È una buona notizia, in un mare di notizie che non lo sono da troppo tempo. Hamas ha rilasciato venti persone ancora in vita dopo 738 giorni di prigionia. Le immagini da Tel Aviv mostrano genitori e figli che si riabbracciano, mentre a Ramallah la folla accoglie i palestinesi rilasciati dalle carceri israeliane, molti dei quali avevano trascorso anni dietro le sbarre senza accuse formali. Sono anche loro ostaggi: di uno Stato che ha fatto della detenzione amministrativa una normalità giudiziaria. A proposito di giustizia, ieri Benjamin Netanyahu ha parlato in diretta sulle televisioni di tutto il mondo. Non dal banco degli imputati della Corte penale internazionale, dove dovrebbe rispondere delle migliaia di civili uccisi a Gaza, ma dalla Knesset, insieme al suo amico Donald Trump. Il tycoon americano, accolto con una standing ovation, lo ha definito «uno dei più grandi presidenti in tempo di guerra», chiedendo persino al presidente israeliano Herzog di concedergli la grazia. «Sigari e champagne, a chi diavolo importa?» ha aggiunto, trasformando il massacro in uno spettacolo di nostalgia bellica e impunità. Intanto Trump, interrogato dai giornalisti sull’idea della “Gaza Riviera”, ha risposto: «È devastata, come un cantiere di demolizione. Ma col tempo diventerà bellissima». È la stessa frase che accompagna ogni colonizzazione: cancellare, ripulire, costruire sopra. In Israele si applaude, in Occidente si sorride di circostanza, e in Rai qualcuno si affanna per riscrivere la storia e rendere digeribile l’osceno. Ma le macerie restano lì, come testimoni di una verità che nessun talk show può occultare.Ora lo spettacolo è finito, gli amici se ne vanno, e se consentiamo che si spengano le luci su Gaza arriveranno gli avvoltoi pronti ad abbuffarsi.