Soldi spariti del Carroccio. Via libera alla perquisizione degli uffici di Boniardi. Avanza l’indagine sui 49 milioni truffati dalla Lega. La Finanza cerca le prove del riciclaggio

Seppure per soli undici voti, dopo quello della Giunta per le autorizzazioni è arrivato il via libera anche da parte della Camera alla perquisizione della sede e di tutti gli uffici della srl Boniardi Grafiche, di cui è amministratore il deputato leghista di Bollate, Fabio Massimo Boniardi (nella foto con Matteo Salvini), che a dicembre dichiarò domicilio nell’azienda sbarrando così il passo alle Fiamme gialle. A chiedere l’autorizzazione è stata la Procura di Genova, impegnata nell’inchiesta sull’ipotesi che i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali del Carroccio oggetto di truffa ai danni dello Stato e spariti siano stati utilizzati per un’imponente operazione di riciclaggio.

GLI ACCERTAMENTI. Gli inquirenti hanno indagato, con l’accusa di riciclaggio di parte dei 49 milioni, l’assessore all’autonomia e alla cultura della Regione Lombardia, Stefano Bruno Galli, nella sua qualità di presidente dell’Associazione Maroni Presidente. Eseguite a dicembre una serie di perquisizioni, i finanzieri si sono dovuti però fermare sull’uscio dell’azienda di Boniardi. Stop agli accertamenti sul denaro costato il 24 aprile 2017 una condanna per Umberto Bossi e l’allora tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito. Un processo dichiarato prescritto in Cassazione, confermando però la confisca dei 49 milioni.

Secondo gli inquirenti parte di quel denaro sarebbe stato fatto sparire in Lussemburgo. E parte sarebbe tornata nelle mani della Lega, con un vorticoso giro di bonifici e fatture false, grazie all’associazione “Maroni Presidente”. A mettere il procuratore aggiunto di Genova, Francesco Pinto, e il sostituto Paola Calleri sulla pista di Galli, Boniardi & C. è stato quello che si può considerare un super testimone, un ex consigliere regionale anche lui eletto con “Maroni Presidente” nel 2013, Marco Tizzoni.

IL TESTIMONE. Quest’ultimo ha infatti riferito agli inquirenti di aver sostenuto la campagna elettorale a proprie spese, di aver saputo solo a campagna finita che si potevano ottenere rimborsi, che a tal fine era stato costituito un ente e che a sua insaputa era stata messa in piedi l’associazione “Maroni”. Tizzoni ha quindi specificato di aver saputo anche che l’associazione, di cui Galli era presidente, aveva ottenuto 500mila euro, ma che lo stesso attuale assessore gli aveva detto che 450mila dovevano essere restituiti alla Lega per un prestito ottenuto in campagna elettorale. Soldi che, a quanto sarebbe stato riferito all’ex consigliere, erano stati spesi per manifesti, un info point e due-tre aperitivi elettorali.

Inutili sarebbero stati i tentativi di Tizzoni di ottenere documenti per far luce su quelle spese. Dalle indagini svolte vi sarebbero stati giri vorticosi di denaro tra la “Maroni Presidente” e la Lega Nord, fatture per la Boniardi e per la società Nembo, considerate dagli inquirenti relative ad operazioni in tutto o in parte inesistenti, e bilanci modificati al fine di giustificare determinati bonifici. I magistrati genovesi ritengono che tale sistema non sia stato altro che un modo per riciclare parte dei 49 milioni di euro. Una ricerca della verità a cui ora la Camera ha dato il via libera con 234 voti favorevoli. I voti contrari sono stati invece 223 e 16 gli astenuti. Furiosi i leghisti viste le assenze tra i banchi di Forza Italia. Partendo dalla perquisizione a Boniardi ora altri elementi utili a far luce sull’ipotesi del maxi riciclaggio potrebbero essere raccolti dalla Procura di Genova.