La Spagna andrà a di nuovo al voto per avere un Governo dopo sette mesi di instabilità. Il Re Felipe VI ha preso atto dell’impossibilità di trovare una maggioranza e ha indetto le elezioni per il prossimo 26 giugno, nella speranza che l’esito possa favorire la nascita di una coalizione. La soglia dei 176 seggi per ottenere la fiducia è infatti risultata irraggiungibile sia per il premier uscente, Mariano Rajoy, che per il leader dei socialisti, Pedro Sanchez, dopo il quadro emerso dal voto del 21 dicembre 2015. I popolari avevano solo 122 seggi: non bastavano nemmeno i 40 dei centristi di Ciudadanos, capeggiati da Albert Rivera, per arrivare alla quota necessaria. I socialisti si erano fermati a 91 deputati. E l’unica soluzione era la “grande coalizione”, che però in Spagna appare impensabile.
L’ultimo tentativo di costruire una maggioranza è stato proposto da piccolo partito di sinistra Compromís, che aveva a disposizione 9 deputati. Ma la trattativa è naufragata come tutte le altre. Del resto la rottura si era materializzata da tempo: il movimento anti-austerità Podemos, guidato da Pablo Iglesias, aveva rifiutato l’ipotesi di allearsi con il Psoe (i socialisti) e i centristi di Ciudadanos. Per Podemos non esistono margini di compromesso: l’unico dialogo è possibile con le forze di sinistra.
Il futuro in Spagna
Le elezioni del 26 giugno si svolgeranno in un clima di incertezza. I primi sondaggi confermato il pericolo della frammentazione con un risulatato simile a quello del 21 dicembre. Che porterebbe la situazione al punto di partenza. Mariano Rajoy, tuttavia, spera di poter capitalizzare questo periodo di instabilità, aumentando i voti del suo partito per cercare successivamente un’alleanza con Ciudadanos. D’altra parte Pedro Sanchez ha preso atto dell’effettiva impossibilità a instaurare un confronto con Podemos. Tanto che ha attaccato: “Iglesias vive meglio con Rajoy a capo del governo che con me”. E adesso dovrà convincere milioni di elettori per provare a vincere. E soprattutto governare.