Stangata anche sull’innovazione

Di Alessandro Longo per Repubblica

E’ scattato l’allarme rincari a raffica su smartphone, tablet e altri dispositivi, per via dei corrispondenti aumenti dell’equo compenso decisi dal Governo e in vigore da dieci giorni. Apple ha già aumentato i prezzi di iPhone, iPad e MacBook. Samsung “sta valutando”, come dice a Repubblica.it, poiché il rincaro dell’equo compenso equivale a una perdita nel margine di profitto di alcuni milioni di euro al mese per l’azienda coreana. Facile fare il conto: solo con gli smartphone, Samsung vende 8 milioni di unità all’anno e l’equo compenso è stato rincarato dai 3 ai 5,20 euro su questi prodotti. Ne viene una forchetta di 24-40 milioni di euro di profitti in meno ogni anno, se i prezzi al pubblico non aumentano in parallelo. Le aziende produttrici già da dieci giorni stanno pagando a Siae secondo le nuove tariffe, quindi è forte la tentazione di scaricare i costi extra sui consumatori.

La scelta di Apple probabilmente non sarà un caso isolato. Adesso l’iPhone 5s da 16GB ora costa 732,78 euro, 3,78 euro in più. Il modello da 32GB costa 4,76 euro in più, quindi 843,76 euro. Per quello da 64 GB il rincaro è di 5,25 euro (954,25). Altri rincari su iPad e Macbook. Ecco perché è scattato l’allarme nei quartieri generali di chi ha promosso l’aumento, con una riunione straordinaria in Siae, sul da farsi. La società sta valutando varie ipotesi di azione.

Siae contro Apple. Siae già ieri si era scagliata contro la decisione di Apple: dice di aver appreso “con sconcerto della provocatoria iniziativa della Apple Italia che da oggi, pubblicizzandola come “tassa sul copyright”, ha rincarato i prezzi dei propri dispositivi applicando un aumento esattamente pari alla rivalutazione della tariffa dovuta per Equo compenso, decisa dal Governo il 21 giugno scorso” .Un’operazione “di pura mistificazione della realtà mirata a confondere i consumatori e a mantenere inalterati i propri ingenti profitti, spesso realizzati attraverso l’utilizzo di manodopera a basso costo”. Dello stesso tono le accuse del ministro della Cultura e del Turismo Dario Franceschini, che ha parlato di “un aumento puramente ritorsivo nei confronti dei loro clienti italiani”. I rincari del resto smentiscono le rassicurazioni del ministro, il quale alla vigilia dei rincari assicurava che i produttori se ne sarebbero fatti carico senza aumentare i prezzi.