Stati generali della natalità. Nel vuoto di Giorgia tocca al Papa fare lo statista

Ieri l'ultima giornata degli Stati generali della natalità con Papa Francesco e il premier Meloni uguali nel bianco dell’abito ma distanti nelle prese di posizione.

Stati generali della natalità. Nel vuoto di Giorgia tocca al Papa fare lo statista

La fotografia dell’evento potrebbe essere il panel “la natalità produce ricchezza” che si è tenuto nel pomeriggio: Nicola Lanzetta (direttore Italia, Enel), Fabrizio Gavelli (presidente e amministratore delegato Danone), Bernardo Mattarella (Ad Invitalia), Giacomo Campora (Ad Allianz), Matteo Del Fante (Ad Poste italiane), Salvatore Rossi (presidente Tim), Dario Scannapieco (Ad e direttore generale Cassa Depositi e Prestiti) e il ministro delle Imprese e Made In Italy Adolfo Urso che discutono del far figli. Otto uomini, nessuna donna.

Ieri l’ultima giornata degli Stati generali della natalità con Papa Francesco e il premier Meloni uguali nel bianco dell’abito ma distanti nelle prese di posizione

Gli Stati generali della natalità ieri hanno aperto l’ultima giornata con Papa Francesco e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, uguali nel bianco dell’abito ma distanti nelle prese di posizione. Mentre il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e la segretaria del Partito democratico Elly Schlein hanno scelto un profilo basso nei loro interventi l’altro ieri (consapevoli della retorica patriarcale dell’evento), il discorso di Meloni è la solita ridondanza contro quella che per lei viene considerata la “cultura dominante” degli ultimi anni.

“Vogliamo restituire agli italiani una nazione nella quale esser padri non sia fuori moda”, dice Meloni. Sempre affamata di nemici la presidente del Consiglio punta il dito contro la maternità surrogata: “Vogliamo – dice – una nazione in cui non sia un tabù dire che la maternità non è in vendita e gli uteri non si affittano, che i figli non sono prodotto da banco che puoi scegliere e restituire se non ti piacciono”.

Tocca all’associazione Luca Coscioni ricordare che “dal 2014 sono nati circa 12mila bambini proprio grazie alla tecnica di fecondazione eterologa che ora il suo Governo vuole demolire”: “in nome della natalità e della patria – incalza il tesoriere Marco Cappato – il Governo criminalizza chi vuole concepire un figlio, ma non può farlo con metodi naturali”.

Al fianco di Meloni ha preso parola anche Papa Francesco. “Forse mai come in questo tempo, tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto», ha detto il pontefice. “E in questo contesto di incertezza e fragilità – prosegue – le giovani generazioni sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà, per cui il domani sembra una montagna impossibile da scalare. Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali”.

Nel suo discorso Bergoglio interpella la politica per promuovere interventi che vadano invece a favorire la natalità ma non rinuncia a sculacciare il governo Meloni in tema di accoglienza dei migranti. “La natalità, così come l’accoglienza, che non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società”, dice il pontefice. “Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno”. Tra i due è il Papa a sembrare il presidente del Consiglio.

Francesca Fiore e Sarah Malnerich (che di maternità si occupano con il loro attivismo) intanto lanciano l’allarme, al di là dei motti “Dio, patria e famiglia”: “Siamo scese in piazza – spiegano per un anno per chiedere espressamente più fondi per i servizi per l’infanzia, abbiamo ottenuto 4,6 miliardi. Per arrivare non a una quota 100 sui nidi, ma almeno al 33% di offerta, come chiede l’Europa. Il Pnrr si impantana proprio sul piano nidi e valutano di ridurre proprio quello”. La realtà oltre la propaganda, appunto.