Stati Generali M5S. Nessuna scissione. Il Movimento resta uno. Ora il nuovo statuto, poi il direttivo. Con Di Battista nel nuovo vertice

Chiusi gli Stati generali si apre la corsa alla leadership del M5S. Ma prima sarà necessario passare dalla rete. “Tutto quanto uscirà da questi lavori sarà sempre sottoposto al voto della rete dei nostri iscritti, che avrà sempre l’ultima parola”, ha sentenziato il capo politico reggente Vito Crimi alla vigilia della kermesse. Che è stata un successo, secondo il viceministro dell’Interno. In ottomila persone hanno partecipato alle 170 riunioni, per mille ore complessive di lavori, dislocate in tutta Italia in cui uno è valso uno: l’attivista quanto il ministro, il sottosegretario quanto il portavoce comunale.

“Quando la sfida è grande il Movimento c’è sempre”, recita il blog delle Stelle. I lavori che hanno impegnato i 305 delegati, indicati dai territori, su tre macro aree (organizzazione e struttura, regole e principi, agenda politica) confluiranno in un unico documento di sintesi. “Lo farò io con l’aiuto dei 34 facilitatori”, spiega Crimi. Bisognerà pazientare ancora qualche giorno. Poi si deciderà se fare un voto unico o per parti o per singoli quesiti. Anche perché come nel caso della guida collegiale ci saranno modifiche statutarie e, come tali, dovranno essere sottoposte al giudizio on line.

Gli Stati generali hanno sancito la fine di un’era: quella del capo politico. Resta da vedere come si articolerà questa leadership collegiale. Si fa strada l’ipotesi di due organi: un primo allargato ai rappresentanti degli eletti a tutti i livelli territoriali che potrebbe arrivare a 15 o anche più membri. Un secondo più circoscritto, di 5 o 7 persone, alla stregua di una segreteria. Il rappresentante legale chiamato ad assumere le funzioni del capo politico dovrebbe essere a rotazione. Le votazioni per decidere chi entrerà a far parte della cabina di comando dovrebbero essere sui singoli nomi e non sulla squadra. E qui fioccano gli interrogativi su chi sarà dentro e chi fuori. La suspense si concentra su Alessandro Di Battista.

Il ribelle, allontanando le voci di scissione, ha posto determinate condizioni per rimettersi in pista: dal limite messo nero su bianco dei due mandati alla creazione di un comitato di garanzia composto da eletti (no membri dell’esecutivo) per decidere le nomine nei ministeri e nelle partecipate statali, dalla revoca delle concessioni autostradali ai Benetton al no alle alleanze politiche. C’è chi scommette che alla fine entrerà in segreteria. E molti tra i governisti preferirebbero che così fosse temendo che possa fare più danni se rimanesse un cane sciolto. E, ancora, si fanno i nomi per il nuovo board di Luigi Di Maio, Roberto Fico e Paola Taverna. Chi auspica una presenza femminile è Roberta Lombardi: “Ultimamente ho visto troppi atteggiamenti testosteronici”.

Per le altre questioni che hanno animato gli Stati generali i governisti hanno convenuto (vedi Di Maio) sul mantenimento del doppio mandato. Almeno per ora. Gli Stati generali hanno anche ragionato su deroghe speciali. E hanno parlato – vedi sempre il capo della Farnesina – solo di alleanze programmatiche e non strutturali. Tutto da rivedere poi il rapporto tra il Movimento e l’associazione Rousseau. La tendenza emersa è che non si voglia troncare definitivamente con la creatura dei Casaleggio ma sicuramente alcune funzioni potrebbero essere internalizzate.

Quello che sicuramente potrebbe cambiare è il rapporto economico tra piattaforma e M5S. Ma il Movimento crede in questo cambio di pelle e, al contempo, rimane fedele al ripudio dell’idea di partito. “Bisogna – si legge sul blog – sempre farci apparire come quelli che litigano, quelli che ‘devono’ diventare un partito, perché una nostra omologazione farebbe comodo a tutti. Dispiace deluderli, il Movimento resta sempre quella cosa che non capirete, che non avete visto arrivare e da denigrare a ogni costo”.