Stato-mafia, il legale di Riina può interrogare Re Giorgio. Ma solo se lui vorrà rispondere

di Francesco Carta

Giorgio Napolitano risponderà all’avvocato del super boss Totò Riina soltanto se vorrà. Intanto nella giornata di ieri il capo dello Stato ha incassato il colpo sull’udienza del processo Stato-mafia in cui è stato chiamato a testimoniare. Quella del prossimo 28 ottobre presumibilmente. Perché ancora non vi è certezza sulla data in cui Luca Cianferoni potrà rivolgere domande a Re Giorgio su quanto accadde tra il 1992 e il 1993. L’udienza con il legale di Riina potrebbe avvenire anche in una data diversa. La certezza è ce la Corte d’assise di Palermo ha accolto l’istanza del difensore del boss. Che potrà chiedere chiarimenti su nuovi temi rispetto a quelli stabiliti originariamente dai giudici. Ovviamente, per le prerogative costituzionali di cui può usufruire il capo dello Stato, la stessa Corte d’Assise sottolinea che: “la deposizione non può prescindere dalla disponibilità del capo dello Stato, di cui la corte non potrà che prendere atto”. Insomma staremo a vedere cosa deciderà Re Giorgio.

Una richiesta che fa seguito al deposito dei documenti riservati del Sismi sugli allarmi degli attentati del 1993. Documenti ora ritenuti ammissibili. Secondo il legale di Riina dopo l’ingresso nel processo del rapporto dei Servizi ora sarebbe diventato inevitabile chiedere a Napolitano chiarimenti su quegli anni (’92-’93). Per la Corte “la nuova prova non è né manifestamente superflua, né irrilevante”. Una prova che si riferisce comunque ad anni in cui Napolitano non era presidente della Repubblica e che quindi non rientrerebbe nei limiti delle prerogative del Capo dello Stato.

La legge stabilisce che a sentire prima i testi sia il pubblico ministero, successivamente le parti civili, poi i legali degli imputati. In linea teorica, quindi, il 28 ottobre, il legale di Riina potrebbe sentire Napolitano ma senza fargli domande sul suo articolato di prova, possibilità questa che slitterebbe al suo turno di esame, quindi approssimativamente tra un anno. Fatta eccezione, ovviamente, in un accordo tra le parti. Anche se la Procura non sarebbe propensa a farlo per consentire all’avvocato di fare contestualmente controesame ed esame del testimone.