Stipendi e pensioni a Bankitalia

di Stefano Sansonetti
 
La norma sta togliendo il sonno a un bel po’ di dirigenti pubblici. Del resto sono piuttosto numerosi quelli che continuano ad avere incarichi all’interno della macchina dello Stato pure essendo già in pensione. Proprio su questo punto, in attesa che il pacchetto assuma una fisionomia definitiva, intende incidere la recente riforma della Pa presentata dal governo guidato da Matteo Renzi. Un passaggio di poche righe, per stabilire il divieto di incarichi dirigenziali a carico dei soggetti in “quiescenza”. Inutile constatare che si tratta di una delle norme più temute negli uffici di gabinetto e negli uffici legislativi dei ministeri. Perché a questi, evidentemente, sarebbe destinata ad applicarsi la norma. Ma in una situazione analoga si trovano anche altre istituzioni, pur se formalmente non ascrivibili alla categoria della pubblica amministrazione. Si pensi alla Banca d’Italia. Qui, a quanto risulta, il governatore Ignazio Visco e il direttore generale Salvatore Rossi, entrambi classe 1949, sono pensionati. E naturalmente percepiscono l’emolumento previsto per la funzione tutt’ora svolta all’interno di palazzo Koch. È appena il caso di rammentare che il compenso previsto per Visco è di 495 mila euro, mentre quello che spetta a Rossi è di 450 mila.
La situazione
Naturalmente, come sempre avviene in situazioni di questo tipo, c’è il paletto rappresentato dalla non automatica applicazione a Bankitalia delle disposizioni previste per le amministrazioni pubbliche. È già successo nel caso del decreto con cui il governo Renzi ha fissato 240 mila euro di tetto di stipendio che deve essere rispettato da chi lavora per lo Stato. Nel medesimo provvedimento il governo di è limitato a dire che l’istituto di via Nazionale “si adegua” alla previsione. Ma questo non significa “automatismo”, tutt’altro. Soprattutto dopo l’intervento con cui Mario Draghi, presidente della Bce ed ex governatore della Banca d’Italia, ha ribadito in maniera che più rigorosa non si può l’esistenza di precisi paletti. Detto questo, però, non si può fare a meno di notare che a palazzo Koch si registra una situazione simile a quella che si vorrebbe vietare all’interno delle pubbliche amministrazioni. E cioè la situazione di alti dirigenti, nella fattispecie Visco e Rossi, che sono in pensione e continuano comunque a svolgere incarichi retribuiti. Per carità, c’è da ribadire che via Nazionale non può essere considerata sic et simpliciter pubblica amministrazione. E c’è da ricordare che la nomina dei suoi vertici arriva all’esito di un atto complesso all’interno del quale sono coinvolti tutti i più importanti centri istituzionali.
La procedura
La nomina del governatore, per dire, è disposta con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del consiglio dei ministri, sentito il parare del Consiglio superiore della banca centrale. E naturalmente la pressione percepita da Visco e Rossi è, come dire, un diritto “indisponibile”. Pur con tutte le cautele formali, però, il dato è che due membri del direttorio della Banca centrale sono allo stesso tempo pensionati e lavoratori attivi. La norma del pacchetto Pa, invece, vuole aprire uno scenario in cui questa sorta di “cumulo” non sarà più possibile. Chissà che in futuro l’istituto di via Nazionale non voglia adeguarsi a quello che va profilandosi come il nuovo stato di cose.