Stop di Berlino al bazooka Bce. Scavalcata la Corte europea. La Germania rispetta le regole Ue ma solo se le conviene

Ci ha provato, la Germania, a mettere i bastoni fra le ruote al piano della Bce, l’unica che oggi abbia davvero a disposizione risorse potenzialmente illimitate per far fronte alla devastante crisi economica che ha investito l’Europa a causa della pandemia. Il Consiglio direttivo della Bce fa sapere che “resta pienamente impegnato a fare tutto il necessario nell’ambito del suo mandato per assicurare che l’inflazione aumenti a livelli coerenti con il suo obiettivo a medio termine”. E farà tutto il necessario “per garantire che l’azione di politica monetaria intrapresa nel perseguimento dell’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi sia trasmessa a tutti i settori dell’economia e a tutte le giurisdizioni dell’area dell’euro”.

In risposta ai rilievi della Corte costituzionale tedesca, l’istituto di Francoforte precisa che “nel dicembre 2018 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la Bce agisce nell’ambito del suo mandato di stabilità dei prezzi”. Colpiti e affondati. Del resto era stata la stessa presidente Christine Lagarde (nella foto) ad assicurare che non ci sarebbero stati limiti “all’impegno della Bce per l’euro” lanciando a marzo un nuovo Quantitative easing da 750 miliardi di euro di titoli da acquistare, oltre al programma partito nel 2015 e che oggi prevede il reinvestimento dei titoli giunti a scadenza (circa 30 miliardi al mese), acquisti aggiuntivi per 20 miliardi al mese ed un ulteriore pacchetto di 120 miliardi. In barba all’Alta Corte tedesca che ieri ha dato un ultimatum all’Eurotower per fare chiarezza sul programma di acquisto dei bond, accogliendo parte dei ricorsi contro le misure volute da Mario Draghi, grazie alle quali la Bce, acquistando circa 360 miliardi di bto, diede una grossa mano ai Paesi con i conti pubblici meno in ordine.

“Il governo federale e il Bundestag hanno il dovere di attivarsi contro il programma di acquisto di titoli nella sua forma attuale. Se la Bce entro tre mesi non dimostrerà che gli obiettivi del Qe non sono sproporzionati rispetto agli effetti economici e fiscali la Bundesbank non potrà più partecipare al piano lanciato nel 2015 e ora ampliato per sostenere i Paesi ad alto debito come l’Italia”. Non una bocciatura in toto all’azione di Francoforte (il Qe non viola il divieto di finanziamento monetario) ma i paletti sono comunque pesantissimi: i giudici hanno scritto nella sentenza che i programmi di acquisti di bond contrastano con le competenze della stessa Bce e che la Corte di giustizia non ha valutato adeguatamente che il piano rispetti “il principio di proporzionalità tra costi e benefici”.

Le misure per questo “non potrebbero avere validità in Germania”. Un’ingerenza senza precedenti. Immediata la reazione di estrema irritazione della Commissione Ue: “Riaffermiamo il primato della legge europea, e il fatto che le decisioni della Corte europea sono vincolanti su tutte le corti nazionali. La Commissione rispetta l’indipendenza della Bce, studieremo la sentenza in dettaglio”, dice un portavoce dell’esecutivo Ue. Il riferimento è alla Corte di giustizia europea che nel 2018 ha definito “ammissibile” il Qe in merito proprio ad una richiesta di parere da parte della Corte costituzionale tedesca. Che, anche se non chiede alla Bundesbank di uscire dal programma, cosa che sarebbe successa se avessero accolto tutti i ricorsi, condiziona la partecipazione futura della banca centrale tedesca, azionista di maggioranza del Qe, alle spiegazioni che la stessa Bce è tenuta a fornire. Sebbene i giudici tedeschi specifichino che la loro decisione non riguarda le misure adottate “nel contesto dell’attuale crisi da coronavirus”, non è certo un bel segnale.