Su Draghi decide Rousseau. Così i 5S provano ad evitare altre divisioni. Per i vertici bisogna appoggiare l’ex numero uno della Bce per controllare i 209 miliardi ottenuti da Conte

Su Draghi decide Rousseau. Così i 5S provano ad evitare altre divisioni. Per i vertici bisogna appoggiare l’ex  numero uno della Bce per controllare i 209 miliardi ottenuti da Conte

“Siamo sempre stati per la democrazia diretta, lo saremo anche questa volta”. Questo è il refrain che si va ripetendo tra i parlamentari Cinque stelle. Ed è questa, a giusta ragione, la motivazione che c’è dietro la decisione di affidarsi al voto su Rousseau – coinvolgendo gli iscritti dunque – per capire se il Movimento appoggerà o meno il governo guidato da Mario Draghi. “Il che – spiegano fonti pentastellate – non vuol dire voto a scatola chiusa. Determinante sarà l’incontro di oggi al secondo giro di consultazioni”.

L’idea, infatti, è che il capo politico Vito Crimi ponga ancora una volta dei temi chiari al premier incaricato: reddito di cittadinanza e ambiente al primo posto, senza dimenticare la pietra angolare della giustizia: “Non bisogna toccare il reddito, bisogna insistere sulla svolta green e non si può toccare quanto di buono ha fatto Alfonso Bonafede”. Il che significa, fuori dai tatticismi, nessun passo indietro sulle misure anticorruzione e sul tema della prescrizione.

Vedremo cosa risponderà oggi Draghi. Quel che è certo, secondo quanto risulta al nostro giornale, è che l’ex Bce avrebbe già dato ampi margini di trattativa nel corso della prima consultazione direttamente a Beppe Grillo, specie per quanto riguarda il reddito di cittadinanza (anche se è un segreto che bisognerà ritoccare ampiamente la parte relativa alle politiche attive) e l’attenzione alla tutela dell’ambiente.

A quel punto, secondo quanto emerso nelle accese telefonate di ieri tra i parlamentari, ci sarà una sorta di programma, di accordo scritto (di modo che anche Draghi sia vincolato) che verrà sottoposto agli attivisti e su cui voteranno. Questo è il motivo per cui anche chi ad oggi è contrario a un sostegno all’eventuale governo ha chiesto che il quesito sia molto chiaro, senza alcun rischio di incomprensioni.

IL RISULTATO. Democrazia diretta, dunque. Per decidere sul futuro dell’Italia ma anche del Movimento. Non è un segreto, infatti, che parlamentari come Barbara Lezzi, come Nicola Morra e Danilo Toninelli, o ancora che pezzi da novanta del grillismo come Alessandro Di Battista continuino a ribadire che non bisogna appoggiare mai e poi mai il rappresentante dell’europeismo sfrenato. L’accordo non scritto tra i pentastellati, però, è proprio questo: nel momento in cui si chiama al voto il “popolo” che è sovrano, nessuna scissione può avvenire perché significherebbe ledere il diritto di ogni cittadino ad esprimere la sua preferenza.

Chi non dovesse rispettare il volere degli attivisti, verrebbe meno al principio cardine della filosofia di Gianroberto Casaleggio: quella che poggia sulla democrazia diretta. Uno smacco troppo grande per chi è stato eletto nel Movimento. Col ricorso a Rousseau, dunque, si garantisce insieme non solo il ricorso a una prassi ormai consolidata secondo la quale ogni eventuale maggioranza deve esser vidimata dal voto degli iscritti alla piattaforma, ma ci si assicura anche che il Movimento non avrà ulteriori perdite o, nella peggiore delle ipotesi, non vivrà una vera e propria scissione.

VOCI DI CORRIDOIO. Certo è che i vertici nelle ore che procederanno il voto, così come hanno sempre fatto, diranno la loro sulla opportunità di appoggiare il governo Draghi. “Non perché siamo totalmente a favore di questa scelta – precisano fonti M5S autorevoli – ma perché così possiamo condizionare le politiche di questo governo e, soprattutto, la gestione di 209 miliardi. Che, ricordiamolo sempre, arriveranno in Italia per merito esclusivo di Giuseppe Conte”.

Insomma, da questo punto di vista appoggiare Draghi significa non mandare in fumo quanto ottenuto da Conte, finendo col farlo gestire ad altri. Condicio sine qua non, tuttavia, sarà la presenza di un governo politico. Ed ecco perché, tra le condizioni, ci sarà anche quella di affidare ministeri chiave ai Cinque stelle. Non pare minimamente in dubbio la richiesta di confermare Luigi Di Maio agli Esteri, mentre l’altro tassello potrebbe essere l’Ambiente. In pole, secondo quanto si vocifera, sarebbero o Stefano Patuanelli o Stefano Buffagni.