Sul destino di Assange cala il silenzio dell’Occidente

Attesa per il verdetto sull’estradizione negli Usa di Julian Assange: il fondare di Wikileaks rischia 175 anni di carcere.

Sul destino di Assange cala il silenzio dell’Occidente

Piangiamo i morti e condanniamo a morte i vivi. Sembra incredibile eppure è il paradosso di questi giorni dove l’occidente si indigna il decesso – molto sospetto – del paladino della democrazia Alexei Navalny, reo di essersi opposto a Vladimir Putin, mentre, tra oggi e domani, l’Alta Corte di Giustizia del Regno Unito deciderà la sorte di Julian Assange che rischia di essere estradato negli Usa, dove potrebbe scontare una pena fino a 175 anni di prigione, perché accusato di aver spifferato segreti di Stato. Azione portata avanti con la fondazione di Wikileaks e la diffusione di documenti riservati del Pentagono a partite dal 2010 che hanno fatto emergere i crimini di guerra commessi in Afghanistan e Iraq dagli Usa. Udienza della Corte londinese a cui prenderà parte una delegazione M5S, capitanata dall’eurodeputata Sabrina Pignedoli, che assieme ad altri eurodeputati chiederà di salvare Assange dalla rappresaglia americana.

Attesa per il verdetto sull’estradizione negli Usa di Julian Assange: il fondare di Wikileaks rischia 175 anni di carcere

Assange per gli Usa è un pericoloso pirata informatico, meritevole di persecuzione, malgrado le sue accuse verso il Pentagono si siano rivelate fondate. La cosa peggiore è che sulla vicenda del fondatore di Wikileaks, come anche sulle manifestazioni a suo sostegno in tutta l’Ue, è calato il silenzio dei media che sembrano vivere la vicenda con imbarazzo perché non coinvolge il Cremlino ma la Casa Bianca. Che sul giornalista, un paladino della libera informazione, sia in atto una caccia alle streghe ci sono pochi dubbi. Ad Assange viene contestata l’accusa di hackeraggio ma anche la violazione dell’Espionage Act del 1917 che fino a oggi non era mai stato usato per punire la diffusione di documenti segreti sui media. Ma non è tutto.

Chi piange la morte del dissidente Navalny tace sul fondatore di Wikileaks  che rivelò lo scempio americano in Iraq

Il fondatore di Wikileaks nel 2010 era stato oggetto di un mandato di arresto emesso dal tribunale di Stoccolma per il reato di molestie ai danni di due donne, in totale assenza di prove se non per il racconto delle accusatrici. Fatti per i quali Assange, dichiarandosi innocente, si era presentato spontaneamente negli uffici di Scotland Yard a Londra dove veniva arrestato e rilasciato, dopo dieci giorni di prigionia, su cauzione. Il tutto per un’inchiesta che qualche anno dopo si è conclusa con l’archiviazione. Peccato che nel frattempo proseguiva l’indagine sull’hackeraggio per che lo costrinse, nel 2012, a recarsi presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra per chiedere asilo politico.

Qui rimase per quasi sette anni, vivendo in una stanza di pochi metri quadrati, e come scoperto anni dopo venendo sottoposto a spionaggio all’insaputa dello Stato sudamericano. Stesso anno in cui, cambiato il governo ecuadoregno, ad Assange viene sospeso l’asilo e quindi arrestato dalla polizia londinese che lo ha condotto in carcere dov’è rimasto fino ad oggi. “Abbiamo assistito alla mobilitazione di media e istituzioni per Navalny. Accadrà la stessa cosa anche per Assange oppure si protesta solo per i presunti crimini di Putin, ma si tace quando le violazioni le commettono gli Usa?” ha dichiarato Gianni Alemanno, segretario del Movimento Indipendenza.

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