Sul Patto di stabilità Meloni rischia l’osso del collo

I riflettori sono puntati oltre che sulla ratifica del Mes anche sulla riforma del Patto di stabilità.

Sul Patto di stabilità Meloni rischia l’osso del collo

Nella due giorni dei ministri delle Finanze dei 27, che ha preso il via ieri a Stoccolma, i riflettori sono puntati oltre che sulla ratifica del Mes anche sulla riforma del Patto di stabilità. Le reazioni a caldo sulla riforma del Patto sono già arrivate a pochi minuti dall’annuncio della proposta della Commissione Ue, con la “costruttiva” bocciatura tedesca, le resistenze francesi su regole uniformi e automatiche e la delusione sull’impossibilità di scomputo degli investimenti strategici dal debito del ministro italiano Giancarlo Giorgetti.

I riflettori sono puntati oltre che sulla ratifica del Mes anche sulla riforma del Patto di stabilità

“Noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è”, ha detto il titolare del Mef. Che in incontri bilaterali dovrebbe vedere, tra gli altri, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner e la presidente della Bce Christine Lagarde (nella foto). Che ieri, a dispetto della delusione italiana, ha dato la sua benedizione alla proposta partorita da Bruxelles, sottolineandone tra l’altro, l’incentivo alla crescita e agli investimenti che comporterebbe.

Tre sono i punti chiave di valore della proposta, osserva Lagarde, dal punto di vista della Banca centrale europea. “La maggiore titolarità nazionale, il maggiore focus sull’alto livello di debito e sulle prospettive a medio termine e poi gli incentivi che questo comporta per gli investimenti e le riforme”. C’è poi “un più forte enforcement rispetto alle proposte precedenti”. Secondo la banchiera centrale si deve puntare su “un aggiustamento realistico, graduale e sostenuto del debito pubblico” e per questa via “si incentivano crescita e investimenti”.

Con le nuove regole si stima per l’Italia una correzione del debito che va dagli 8 ai 15 miliardi di euro l’anno

Ma il governo italiano fa bene a preoccuparsi. In base alle nuove regole, secondo una proiezione elaborata dai tecnici della Commissione Ue, l’Italia dovrebbe ridurre il debito di 14-15 miliardi l’anno, pari allo 0,85% del Pil, se concordasse un piano di bilancio con impegni di riduzione dell’indebitamento in 4 anni. L’aggiustamento scenderebbe allo 0,45% del Pil pari a 8 miliardi all’anno nel caso di un aggiustamento in 7 anni, che è l’opzione ipotizzata per i Paesi ad alto debito pubblico, come l’Italia, per permettere una discesa più graduale. Del resto l’Italia ha poco da lamentarsi considerando che col Def è stata più realista del re, imboccando la via dell’austerity con decisione e anche con un certo vanto da parte di Giorgetti.