Altro che accordo sul price cap. L’Europa fa il gioco dell’oca. Parla Beghin (5S): “a farne le spese imprese e famiglie. La verità è che si è rotto lo spirito di solidarietà”

sul price cap siamo alla farsa. L’Europa fa il gioco dell’oca. Parla Beghin (5S): "a farne le spese imprese e famiglie”

Altro che accordo sul price cap. L’Europa fa il gioco dell’oca. Parla Beghin (5S): “a farne le spese imprese e famiglie. La verità è che si è rotto lo spirito di solidarietà”

Le conclusioni del Consiglio europeo sulle misure per contrastare il caro-energia restano abbastanza ambigue. Anche sul price cap al gas si dovrà attendere fino a novembre quando la Commissione si esprimerà nuovamente. Ma alcuni festeggiano e danno come cosa fatta l’intesa. Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, ci spiega come stanno realmente le cose e l’idea che si è fatta lei?
“Per noi non c’è nulla da festeggiare. I roboanti annunci di Bruxelles sono assolutamente fuori luogo considerate le bollette di luce e gas che tartassano famiglie e imprese. La verità è che dal Consiglio europeo è arrivato l’ennesimo rinvio. Martedì 18 ottobre la Commissione aveva presentato le sue proposte al Consiglio e tre giorni dopo il Consiglio chiede alla Commissione di presentare delle nuove proposte. È un imperdonabile gioco dell’oca, dove si ritorna sempre al punto di partenza, peccato però che a pagarne le conseguenze siano le famiglie e le imprese europee che pagano l’energia sette volte di più dei loro competitori americani. Ricordo, infine, che già le conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo di giugno raccomandavano l’introduzione del tetto al prezzo di gas ed elettricità. Siamo a fine ottobre e nulla è stato fatto. A Bruxelles qualcuno ricicla notizie vecchie per non perdere la faccia”.

L’Ungheria ha dichiarato che qualora si stabilisse un price cap al gas loro sarebbero esentati. Che ne pensa?
“Ancora una volta l’Ungheria si pone fuori dal perimetro dell’Unione europea. Ci sono due ragioni che possono motivare questa decisione: o Orban è masochista e vuole far pagare ai suoi cittadini il prezzo del gas a un prezzo speculativo o nasconde un patto occulto con Mosca e sa già che, comunque vada, lui avrà garantite forniture a un prezzo scontato. Quest’ultimo scenario sarebbe gravissimo. Abbiamo denunciato nei giorni scorsi la presenza del ministro degli Esteri di Orban Peter Szijjarto a Mosca. Ha partecipato a una conferenza sull’energia con Alexander Dyukov, presidente di Gazprom Neft a cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha revocato per indegnità le onorificenze dell’Ordine della Stella d’Italia. Il disegno di Orban è chiaro: indebolire l’Unione europea e fare affari con Putin sulla pelle dei cittadini ucraini. Meloni dica immediatamente se sta con il suo alleato Orban o se difenderà gli interessi nazionali in Europa”.

Peraltro il price cap dinamico sponsorizzato dal governo Draghi mi pare che la Commissione europea possa concepirlo solo in via transitoria, temporanea. Non sarebbe una vittoria a metà?
“Bisogna essere realisti. Il tetto temporaneo è un primo passo in avanti considerate le aperte ostilità di Olanda, Germania e Austria. Il modello a cui guardiamo è quello di Spagna e Portogallo che hanno introdotto un tetto di 40 euro a megawattora e abbassato del 40% il costo delle bollette. Per noi il tetto dovrebbe essere applicato non solo al gas russo ma a tutto quello in vendita in Europa visto che oggi è in atto una grande speculazione internazionale”.

Voi come Movimento Cinque Stelle proponete un Energy Recovery fund. Nutre speranze sul fatto che alla fine l’Europa possa arrivarci?
“Qual è l’alternativa? Per non compromettere il mercato unico, la soluzione non può essere rappresentata da interventi nazionali dei singoli Stati membri perché questi avvantaggerebbero chi ha maggiore margine di bilancio portando a una concorrenza sleale. Per raggiungere in tempi celeri l’indipendenza dal gas russo e dalle fonti fossili serve una comune e coordinata risposta a livello europeo con risorse nuove e una emissione di debito comune, sul modello del Recovery fund. Anche il premier spagnolo Pedro Sanchez ieri in Consiglio ha sposato la nostra idea. Spiace constatare che in Europa si sia rotto quello spirito di solidarietà consolidato grazie anche al contributo di Giuseppe Conte durante la pandemia. L’Unione europea non può permettersi un fallimento”.

Ritiene che la Germania con lo scudo adottato da 200 miliardi per proteggere le imprese e le famiglie a casa sua si stia isolando e si stia muovendo in maniera egoistica?
“Assieme alla collega Laura Ferrara abbiamo presentato una interrogazione alla Commissione europea per denunciare i rischi di violazione della normativa europea sugli aiuti di Stato e sulla concorrenza. La risposta della Germania è legittima, ma sbagliata. È giusto che ogni governo protegga i propri cittadini, noi d’altronde per mesi abbiamo chiesto uno scostamento di bilancio a Draghi, ma questo non deve avvenire a scapito della solidarietà europea”.

In Italia a breve avremo l’esecutivo Meloni crede che riuscirà in Europa a imporsi laddove Draghi non è riuscito?
“I riferimenti europei della Meloni sono Orban e Morawiecki che sono ostili a una maggiore integrazione europea. Orban non è riuscito nemmeno a farsi approvare il Pnrr da Bruxelles e la Polonia è sotto indagine per le ripetute violazioni sullo stato di diritto. Politicamente in Europa la Meloni è isolata e dubito che a Bruxelles possa ottenere qualcosa se non delle pacche sulle spalle. L’anti-europeismo della Meloni può rappresentare un danno grave per gli interessi italiani”.

Ritiene che il Piano nazionale di ripresa e resilienza possa essere rivisto come dice Giorgia Meloni?
“La Meloni punta a mettere il cappello sul Pnrr che, lo ricordo, lei non l’ha votato. Al Parlamento europeo i suoi parlamentari si sono astenuti sul Recovery fund, un chiaro voto anti-italiano al quale cerca oggi di rimediare. Se il suo obiettivo è quello di travasare fondi europei già stanziati per il Sud Italia e per la transizione sostenibile noi faremo muro. Impediremo uno scippo ai danni dell’ambiente e delle aree più povere d’Italia che hanno bisogno oggi più che mai di investimenti per ripartire”.