Sulle tracce dei cinesi malati. Monta il terrore del Coronavirus. Terzo caso sospetto nella Capitale dopo i 2 già accertati. Al setaccio gli spostamenti della famiglia ricoverata

Non si lascia nulla d’intentato. Gli spostamenti della coppia di turisti cinesi, positiva al test del Coronavirus, ricoverata giovedì allo Spallanzani di Roma, vengono passati al setaccio. Sbarcati a Malpensa, a Milano, il 23 gennaio scorso dopo aver affittato un’auto, marito e moglie (di 67 e 66 anni) hanno raggiunto la Capitale facendo tappa a Verona, Parma e Firenze. La task force del ministero della Salute sta cercando di definire meglio l’itinerario per adottare eventuali precauzioni. A Parma l’Azienda ospedaliera si è già attivata. A Verona, prima tappa dei due turisti originari dell’Hubei, la provincia cinese focolaio dell’epidemia, è stata bonificata la stanza d’albergo dove hanno alloggiato e sono state sottoposte a controlli medici tutte le persone che avrebbero potuto avere contatti diretti con loro. Anche a Firenze si stanno ricostruendo spostamenti e contatti dei coniugi.

La coppia al momento è ricoverata in isolamento all’ospedale di eccellenza per le malattie infettive di Roma. Il polo internazionale per la cura di patologie gravissime, come l’Ebola, sconfitta solo qualche anno fa dagli specialisti della struttura sanitaria, ora alle prese con il Coronavirus. “Ci aspettavamo questi casi, eravamo preparati. Li abbiamo identificati precocemente e isolati. I pazienti sono in buone condizioni, sono giovani, con un quadro da normale influenza”, ha spiegato il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, Giuseppe Ippolito, intervistato da Circo Massimo su Radio Capital. La notte della scoperta dei primi casi nella Capitale, e il rischio di ulteriori contagi soprattutto fra i circa 40 turisti cinesi, arrivati in Italia con lo stesso volo dei due connazionali infetti, bloccati in pullman al casello autostradale di Cassino, in provincia di Frosinone, poi scortati dalla polizia nel centro della Capitale, lo Spallanzani è rimasto blindato.

Cancelli chiusi e guardie giurate all’ingresso per impedire il passaggio a chiunque non faccia parte dello staff ospedaliero. Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità rassicura, definendo “ingiustificata” la psicosi dilagata a seguito dei primi due casi di coronavirus accertati: “è improbabile che possano aver contagiato altre persone nelle varie città visitate perché il virus si trasmette solo con un contatto molto ravvicinato”. Al momento, ha comunque, aggiunge, “si sta tracciando tutto il percorso fatto dalla comitiva, la vigilanza resta alta, ma non dobbiamo suscitare allarmi ingiustificati”. Rassicurazioni che arrivano mentre spunta un terzo caso sospetto. Quello di una ventenne cinese, studente all’Accademia di Belle arti di Frosinone, appena rientrata dalla Cina e ora ricoverata allo Spallanzani. Secondo indiscrezioni i test sarebbero risultati positivi.

LE MISURE. Intanto sono atterrati ieri mattina all’aeroporto di Fiumicino gli ultimi cinque voli dalla Cina dopo la decisione delle autorità italiane di sospendere i collegamenti con il nostro Paese. I circa 500 passeggeri, provenienti da Haikou, Hangzhou, Hong Kong, Guangzhou e Taipei, sono stati sottoposti ai controlli medici previsti dai protocolli di sicurezza. Insomma, la macchina dell’emergenza si è messa in funzione. Un’emergenza dai numeri certamente lontani da quelli finora registrati in Cina: 213 morti e duemila nuovi casi di infezioni confermate, il bilancio dell’epidemia di coronavirus al momento accertati. E comunque troppo bassi per parlare, come qualcuno sta già facendo, di nuova peste. Fino al 30 gennaio scorso, sui seimila casi in tutto accertati i morti sono stati 170, con un tasso di decessi pari, quindi, al 2% circa. Meno di un terzo della la Sars (9%). Per non parlare delle possibilità di contagio. Molto più basse rispetto al morbillo.