Tacciono le armi in Ucraina

Dalla Redazione

C’è la tregua tra Ucraina e filorussi. Il protocollo per il cessate il fuoco è stato firmato a Minsk e decorrerà a partire dalle 18 di oggi (le 17 italiane). Lo hanno riferito media russi e ucraini. L’accordo è stato sottoscritto dai rappresentanti elle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Il patto si compone di 14 punti e ha sugellato la riunione del Gruppo di Contatto sull’Ucraina che comprende – oltre ai rappresentanti di Kiev e dei ribelli – la Russia e l’Osce. Tra i 14 punti del protocollo firmato a Minsk per il cessate il fuoco in Ucraina orientale figurano – secondo i media locali – il controllo internazionale del cessate il fuoco e lo scambio dei prigionieri.

La Nato ha, in ogni caso, approvato un piano che prevede 5 nuovi basi nei paesi dell’est Europa. I paesi interessati sono quelli baltici, Polonia e romania. Il piano “Manda un chiaro messaggio: la Nato protegge tutti gli alleati, in ogni momento” come ha spiegato il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, secondo cui la decisione “manda anche un messaggio ai potenziali aggressori: se anche dovessero solo pensare di attaccare un alleato, sappiano che dovranno affrontare l’intera Alleanza”

UCRAINA, LA TREGUA INIZIA OGGI. MA A KIEV SI COMBATTE ANCORA

Di Marcello di Napoli

Finalmente è arrivato l’annuncio. Al termine dell’incontro con il G5 (Merkel, Cameron, Renzi, Obama e Hollande), il presidente ucraino Petro Poroshenko ha indicato per oggi la possibile firma a Minsk del piano, concordato con Vladimir Putin, per far cessare il fuoco nel conflitto in atto in Ucraina orientale tra forze governative e ribelli filorussi. Sembrano dunque concretizzarsi le aperture del Cremlino di due giorni fa, quando Putin aveva declinato un piano di pace in sette punti. Ma il condizionale è d’obbligo, poiché più volte in questi mesi Vladimir Putin e i separatisti filo-russi hanno disatteso gli impegni presi.

Ancora scontri
Ma nonostante l’annuncio di Poroshenko la guerra continua. Infatti i separatisti e l’esercito di Kiev si sono scontrati a Mariupol, porto strategico sul Mar d’Azov. Segno che la situazione resta ancora una volta in evoluzione, nonostante anche i ribelli abbiano comunicato di essere pronti a sospendere le operazioni se Kiev farà altrettanto. Intanto tra i partner occidentali è sembrato maturare una diversità di vedute sulle sanzioni da varare nei confronti di Mosca. Mentre i leader europei, Hollande in testa, sembrano voler aspettare gli e verificare se la de-escalation annunciata trovi riscontro sul campo, Barack Obama avrebbe voluto accelerare sulla nuova tornata di sanzioni, la cui decisione finale sarà presa oggi a Bruxelles.

Il premier Renzi
Non sono mancate le parole del premier italiano Matteo Renzi , il quale ha comunicato che l’Ue è pronta ad “aumentare la pressione sulla Russia con nuove misure restrittive”. Come specificato dal segretario generale dell’Alleanza atlantica Anders Fogh Rasmussen, saranno singolarmente i ventotto Paesi membri della Nato, ma non l’Alleanza nel suo complesso, a decidere l’eventuale invio di armi all’Ucraina. Il vertice di Newport si era aperto però in un clima di grande tensione tra l’occidente e Mosca. “Un vertice cruciale in un momento cruciale”, lo ha definito il segretario generale della Nato, l’ex premier danese Anders Fogh Rasmussen, arrivando a Celtic Manor, l’edificio che ha ospitato il summit. “Le condizioni della sicurezza sono cambiate drammaticamente, la Russia sta attaccando l’Ucraina” ha affermato il segretario Nato.

L’ammonizione
Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha ammonito l’Ucraina contro la possibilità di rilanciare il processo d’adesione alla Nato, sottolineando che questo rischierebbe di “far deragliare” la ricerca d’una soluzione al conflitto in corso nell’est del Paese. Il Capo della diplomazia russa non ha rinunciato ad una stoccata verso Washington, che alimenterebbe il “partito della guerra a Kiev”. Intanto l’Is minaccia di conquistare la Spagna. In un video postato in un sito web jihadista, due terroristi marocchini che stanno combattendo in Siria la rivendicano “come Terra dei nostri nonni che deve tornare a far parte della Umma (la comunità islamica)”. Il riferimento è “El Andalus”, ossia la Spagna occupata dagli arabi dal 711 al 1492. La minaccia è pronunciata in castigliano e uno dei terroristi è Nouredin Majdoubi, appartenente al gruppo dei 1.200 marocchini che combattono sotto le bandiere nere dell’Is.