Taiwan ha dato il via alle manovre militari più grandi della sua storia. Le esercitazioni “Han Kuang”, che si tengono ogni anno dal 1984, quest’anno assumono un significato del tutto particolare. Durano il doppio rispetto alla tradizione – una decina di giorni in tutto – e coinvolgono oltre 22.000 riservisti, un numero senza precedenti, quasi raddoppiato rispetto all’edizione del 2024.
Obiettivo dichiarato: testare la capacità di difesa dell’isola in caso di un’eventuale invasione da parte della Cina. Ma anche verificare la risposta della popolazione in uno scenario di emergenza. Per la prima volta, infatti, le esercitazioni includono simulazioni di “resilienza urbana”: le sirene antiaeree suoneranno nelle principali città, mentre i cittadini riceveranno alert sui telefoni cellulari che simuleranno un attacco imminente. Ognuna di queste prove durerà circa 30 minuti.
In un post pubblicato su X, il ministero della Difesa di Taipei ha chiesto “comprensione e sostegno” per eventuali disagi o interruzioni alla vita quotidiana. “Il sostegno dell’opinione pubblica è la nostra forza”, si legge, accompagnato dall’hashtag ufficiale dell’operazione: #PaceAttraversoLaForza.
Taiwan lancia le manovre militari più imponenti di sempre per fronteggiare la minaccia cinese
Le esercitazioni Han Kuang coinvolgono tutte le forze armate – esercito, aviazione e marina – e includono simulazioni di assalti anfibi e difesa costiera. Ma quest’anno l’attenzione è anche sui nuovi strumenti bellici e sull’uso dei droni, in un contesto in cui la guerra tecnologica e la rapidità di risposta diventano sempre più centrali. I media locali, come Taiwan News, segnalano l’atteso debutto del sistema lanciarazzi Himars fornito dagli Stati Uniti, il principale alleato militare dell’isola.
Le manovre pongono l’accento anche sul contrasto alle cosiddette tattiche della “zona grigia” adottate da Pechino: operazioni che non sfociano in un conflitto aperto ma servono a esercitare pressione sull’avversario. Tra queste, le continue incursioni di velivoli cinesi nella zona di identificazione di difesa aerea (Adiz) di Taiwan.
Solo nelle ultime 24 ore, riferisce il ministero della Difesa taiwanese, sono stati rilevati 31 aerei e otto unità navali dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese intorno all’isola. Di questi, 24 jet hanno superato la “linea mediana” dello Stretto di Taiwan, confine informale che Pechino non riconosce ma che tradizionalmente segna la separazione tra le due sponde.
Pechino: “Indipendenza non riuscirà”
Dal canto suo, la Cina ha reagito con fermezza. Il ministero degli Esteri ha minimizzato l’importanza delle manovre, definendole “non una questione diplomatica”. Ma la portavoce Mao Ning, in dichiarazioni riportate dal Global Times, ha ribadito la contrarietà di Pechino ai rapporti militari tra Stati Uniti e Taiwan, avvertendo che “non avranno successo i tentativi delle autorità di perseguire l’indipendenza contando sul sostegno esterno”.
Taiwan, isola di oltre 23 milioni di abitanti, è di fatto indipendente e rivendica la propria democrazia. Ma per la Repubblica Popolare Cinese è una provincia “ribelle” da “riunificare” con la madrepatria, anche con la forza, se necessario.