La guerra infinita tra politica e magistratura. Con tanti saluti alla divisione dei poteri

Dimenticatevi di Aristotele, Montesquieu e la Costituzione. Da ieri la separazione dei poteri dello Stato, un caposaldo della civiltà occidentale e non solo, vale come un’obbligazione di Banca Etruria. Un consigliere del Csm, il sinedrio dei giudici, ha tranquillamente affermato che il Governo Renzi va fermato e già che c’era ha annunciato che sarà personalmente in campo nella campagna referendaria contro la riforma del Senato. L’attivista in toga si chiama Piergiorgio Morosini, è un gip del Tribunale di Palermo e milita nella corrente di Magistratura democratica. Questa volta Matteo Renzi non ha reagito direttamente, ma ha mandato avanti il guardasigilli Andrea Orlando, il quale ha subito convocato il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, per “chiarimenti”. Da parte sua Legnini, nonostante un’imbarazzata rettifica di Morosini, ha già bollato come “inaccettabili” gli attacchi a esponenti del Governo e del Parlamento. Insomma, dopo giorni di cannoneggiamento, Palazzo Chigi batte un colpo. Ma la storia insegna che tra magistrati e politici le partite non finiscono mai in pareggio.