La Federazione Pugilistica Italiana ricorrerà alla Giustizia federale contro Michele Broili, il pugile salito ieri sul ring a Trieste contro Hussan Nurdine – in un match valevole per il titolo italiano dei pesi superpiuma – sfoggiando alcuni tatuaggi sul corpo inneggianti al nazismo “e, come tali, costituenti un comportamento inaccettabile e stigmatizzato da sempre dalla Federazione, la quale è costantemente schierata contro ogni forma di violenza, discriminazione e condotta illecita e/o criminosa. Ovviamente – si legge nella nota della Fpi – di tale comportamento è esclusivamente responsabile il tesserato che lo ha posto in essere e, semmai, indirettamente ed oggettivamente la Società di appartenenza che lo abbia avallato e/o tollerato. Alcuna responsabilità può e deve essere ascritta alla Federazione Pugilistica Italiana, la quale non può essere a conoscenza delle scelte personali di ogni singolo tesserato sino a quando non ne abbia contezza”.
La Fpi dunque “condanna e stigmatizza con forza e perentoriamente il comportamento del proprio tesserato e si dissocia da ogni riferimento che i tatuaggi offensivi dallo stesso portati evochino” e sottolinea che “tale comportamento è in palese contrasto con le norme sancite dal ‘Codice di Comportamento Sportivo del C.O.N.I. (art.5)’ che la Fpi recepisce, condividendone spirito e contenuto”. Per tali ragioni la Fpi “si riserva di sottoporre agli organi di Giustizia Federali tale comportamento affinché ne sia, nelle opportune sedi, valutata la contrarietà rispetto allo Statuto ed ai Regolamenti Federali e vengano adottate le opportune misure sanzionatorie anche a tutela dell’immagine della Federazione Pugilistica Italiana. Riservandosi, altresì, ogni opportuna azione”, conclude la nota.