Telecom parla spagnolo. Troppi debiti e soci senza risorse da investire. Ieri Cda di Intesa e Generali. E la Borsa vola

di Cinzia Meoni

Il tira e molla sull’azionariato di Telecom Italia mette le ali al titolo (+3,4% a 0,59) euro. Gli investitori continuano a sognare nonostante non si parli ancora di un’offerta sul mercato. Il passaggio di timone, come avvenuto negli ultimi casi, avverrebbe a monte. Ma tanto non basta a frenare l’entusiasmo, a maggior ragione visto che, sul finale della seduta, è arrivata la notizia di un cda di Intesa Sanpaolo (tra i soci di riferimento del gruppo tramite il veicolo Telco a cui fa capo il 22,4 % della società) volto a quanto pare a deliberare il via libera alla cessione della partecipazione. E più tardi, in serata, si è svolto anche il Cda di Generali. Comunque vada, quella appena iniziata, si preannuncia come una settimana bollente.

Dieci giorni decisivi
La saga Telecom dura in effetti da tempo e ormai dovremmo essere agli sgoccioli. C’è chi parla di ultimi dieci giorni. Entro il 28 settembre dovranno infatti arrivare le disdette al patto Telco (che oltre a Intesa vincola anche Mediobanca, Generali e Telefonica) mentre il 3 ottobre il cda si riunirà per deliberare il piano industriale, qualsiasi cosa questo preveda. Il tempo stringe anche sotto il profilo industriale: le agenzie di rating minacciano il declassamento qualora il gruppo non proceda a ottimizzare la struttura finanziaria e a diminuire il debito (oggi oltre i 28 miliardi). Operazione questa che potrebbe passare o da una ricapitalizzazione di 2-4 miliardi (scelta invisa agli attuali soci e richiesta invece, a quanto sembra, dal presidente esecutivo Franco Bernabè) o da un articolato programma di cessioni, che tuttavia ridurrebbe ancor di più l’attuale assetto del gruppo. Molto dipenderà anche da chi siederà al vertice. I soci italiani (a cui fa capo complessivamente il 54% di Telco) sono in uscita e l’ultima cosa che vogliono è aprire, nuovamente, il portafoglio. Neppure Telefonica (a cui fa capo il 46% di Telco), alle prese con un debito di quasi 51,8 miliardi di euro, è entusiasta di fronte all’ipotesi di un aumento di capitale. Tuttavia per il gruppo di Madrid, vi è tutto l’interesse strategico a salire, possibilmente a poco, in Telecom leader nel nostro mercato e con importanti avamposti in America Latina (Brasile e Argentina).

Le mosse di Alierta
Stando alle indiscrezioni il colosso guidato da Cesar Alierta avrebbe intenzione di proporre ai soci italiani (cioè Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Generali) un acquisto progressivo delle loro quote: ora salirebbe fino al 70% per poi completare l’operazione entro il prossimo marzo. Una volta scalata Telecom, Telefonica venderebbe Tim Brasil sia per motivi di Antitrust (le controllate locali dei due gruppi sono entrambi tra i leader del mercato brasiliano) che per ridurre il debito.

Ultima speranza tricolore
I giochi, per ora, sono comunque aperti e non manca chi tifa per una soluzione tutta italiana. Alcune indiscrezioni infatti parlano di una cessione di Tim (cioè della divisione mobile presente nel nostro mercato) oltre ché di Tim Brasil, a fronte dello scorporo della rete che resterebbe comunque in capo a Telecom. Una soluzione che coinvolgerebbe anche la Cassa depositi e prestiti, la famiglia Fossati (a cui, tramite Findim, fa capo il 4,99% del capitale), F2i, il fondo di Vito Gamberane (che ha più volte auspicato le sinergie tra Metroweb, controllata dal fondo e dalla Cdp, e Telecom) e le casse di previdenza. Una simile operazione, stando alle stime, porterebbe nelle casse del gruppo ben 25 miliardi di euro, consentendogli di risolvere il nodo del debito e peraltro lasciando in mani italiani la rete, asset che di interesse strategico per lo Stato. Ieri peraltro sia Antonio Catricalà, vice ministro allo Sviluppo economico che Franco Bassanini, presidente della Cdp, hanno gettato acqua sul fuoco. Ma non è comunque detta l’ultima parola. Catricalà, sempre ieri, ha poi smentito la possibilità che a Telecom venga imposto lo scorporo della rete telefonica. Una battuta seguita a una dichiarazione, in questo senso di Antonio Preto, memntro dell’Agcom.