Test sierologici e tamponi. Gli infiniti errori delle Regioni. Ordinanze fai da te, dati mancanti o incompleti. Stanno in questa giungla le incognite della ripartenza

I dati delle Regioni sulla situazione dell’epidemia nel proprio territorio sarebbero dovuti arrivare sul tavolo del ministro della Salute in un tempo ragionevole prima del nuovo round col governo – che si è tenuto ieri per decidere sulle riaperture – ma non tutte sono state pronte nell’invio. Per un gruppo di Regioni sarebbe servita una sollecitazione da parte dei ministri competenti: Roberto Speranza (Salute) e Francesco Boccia (Affari regionali). I dati alla fine sono arrivati in zona Cesarini giovedì sera ma a quanto pare non tutti completi. Dal ministero della Salute ci spiegano che non c’è “nessuna lista di inadempienti” ma che si tratta di un ritardo “fisiologico” dovuto alla complessità del sistema di monitoraggio e raccolta dati. Sistema che sarà cruciale per valutare come stanno procedendo i contagi ed eventualmente valutare dove intervenire con misure più o meno restrittive.

Dagli ultimi dati della Protezione civile la curva epidemica in Italia risulta in calo ma i decessi restano ancora alti: 242 nella giornata di ieri, 115 dei quali solo nella Regione guidata da Attilio Fontana (nella foto). Tanto da far dire a Walter Ricciardi (Oms) che “abbiamo un caso Lombardia e probabilmente anche un caso Piemonte”. Ieri si sono registrati 789 nuovi casi contro i 992 del giorno prima. Ed è boom di guariti: 4.917 in un giorno (giovedì 2.747). Per effetto di questi dati, c’è un calo netto del numero di attualmente positivi: -4.370. E si conferma il trend di riduzione dei ricoveri, costante da quasi sei settimane: quelli in regime ordinario registrano 661 unità in meno mentre le terapie intensive calano di altre 47 unità.

Infine, le persone in isolamento domiciliare sono 60.470. Nel dettaglio, i casi attualmente positivi sono 27.746 in Lombardia, 11.113 in Piemonte, 6.001 in Emilia-Romagna, 4.439 in Veneto, 3.168 in Toscana, 2.603 in Liguria, 4.088 nel Lazio, 2.795 nelle Marche, 1.736 in Campania, 2.181 in Puglia, 406 nella Provincia autonoma di Trento, 1.760 in Sicilia, 741 in Friuli Venezia Giulia, 1.454 in Abruzzo, 359 nella Provincia autonoma di Bolzano, 90 in Umbria, 461 in Sardegna, 77 in Valle d’Aosta, 505 in Calabria, 227 in Molise e 120 in Basilicata. Ma il dato “politico” che emerge è che le Regioni presentano una situazione a macchia di leopardo e per i test sierologici e per i tamponi. La conferma arriva anche da diversi report come l’ultimo dell’Alta scuola di economia e management dei servizi sanitari (Altems) dell’Università Cattolica di Roma.

“Al momento – si legge nello studio – le Regioni si sono mosse in ordine sparso. Sono sei quelle ad aver avviato test sierologici nell’ambito di programmi che vedono diverse strategie di campionatura e diverse tecnologie. La prima Regione in ordine di tempo ad avviare l’attività di test è stata il Veneto (31 marzo), l’ultima il Lazio (11 aprile). A queste dall’11 maggio si è aggiunto lo studio nazionale promosso dall’Istituto superiore di sanità”. Per quanto riguarda i tamponi nell’ultima settimana si sono registrati valori altalenanti che vanno dalla Sicilia con 2,74 tamponi per mille abitanti, a punte ben più alte di 23,03 per mille abitanti della Provincia autonoma di Trento, seguita da Valle d’Aosta con 15,37, mentre il Lazio è a 7,07 tamponi per mille abitanti. Osservando il dato dall’inizio della pandemia il 2,89% della popolazione nazionale ha fatto il tampone. Il valore massimo in Valle d’Aosta con il 6,33%, il minimo in Campania (0,95). La Regione con maggiore incidenza settimanale, conclude il report, è la Lombardia (42 ogni 100mila abitanti), ma effettua un numero di tamponi per 1.000 abitanti pari a quelli della Toscana in cui l’incidenza è di 5 casi ogni 100mila.