La Corte penale internazionale (Cpi) ha reso pubblico un mandato di arresto internazionale nei confronti di Osama Najim, conosciuto anche come Al Masri, ex alto responsabile del sistema carcerario della Libia. Le accuse sono gravissime: si parla di dodici reati, tra cui omicidio, stupro, tortura, persecuzioni ideologiche e religiose, nonché detenzioni arbitrarie su larga scala.
I fatti contestati si riferiscono agli anni successivi al 2015 e sarebbero stati commessi all’interno del carcere di Mitiga, a Tripoli, una delle strutture più temute della Libia post-Gheddafi. Secondo il procuratore della Cpi, Najim avrebbe agito direttamente o tramite membri della Forza Rada – conosciuta anche come “deterrenza” – impartendo ordini o fornendo supporto attivo per l’esecuzione dei crimini.
Torture, stupri e persecuzioni in Libia: il quadro accusatorio
Le vittime delle violenze sistematiche documentate dalla Cpi sarebbero state incarcerate per motivi religiosi – tra cui l’appartenenza al cristianesimo o l’ateismo – per presunta omosessualità o per il legame con gruppi armati rivali. In alcuni casi, la detenzione sarebbe servita anche come strumento di coercizione per estorcere confessioni o ottenere informazioni.
Tra i reati contestati figurano la “violazione della dignità personale”, “maltrattamenti sistematici”, “persecuzione ideologica” e l’uso della detenzione arbitraria come metodo repressivo. La Corte definisce le responsabilità di Najim come “dirette e documentate”, attribuendogli un ruolo centrale nell’intera catena di comando.
Cooperazione internazionale: notifiche a sei Paesi, tra cui l’Italia
La Cpi ha già trasmesso il mandato d’arresto a sei Stati membri, tra cui figura anche l’Italia, attraverso i canali diplomatici e giudiziari previsti per facilitare l’attuazione della misura. Inoltre, l’Interpol è stato ufficialmente incaricato di emettere una “red notice” internazionale per la cattura del sospettato. La Corte ha fatto sapere di aver condiviso informazioni riservate sui movimenti recenti di Najim e sulla sua possibile presenza in area Schengen.
Il premier del Governo di unità nazionale libico, Abdulhamid Dabaiba, ha definito “terrificante” il rapporto della Corte. In un discorso trasmesso nel fine settimana, ha dichiarato: “Non posso lasciare che questa persona mantenga il suo incarico”. Dabaiba ha inoltre sollevato interrogativi sulle coperture politiche o militari dietro la protezione di Najim: “Chi protegge questa persona? Un’altra milizia?”, ha chiesto retoricamente, per poi aggiungere: “Non ho chiesto la sua rimozione all’Italia, non lo conosco e non l’ho mai incontrato”.