Tracciamento, test sierologici e tamponi per fermare il Coronavirus. Conte: “Il rischio di un contagio di ritorno è molto concreto”

“Mi rendo conto che molti non sono contenti della situazione, ma con il decreto che entrerà in vigore il 4 maggio affrontiamo un rischio, che è calcolato, ma è sempre un rischio. In futuro sarei il primo a essere contento se potremo allentare”. E’ quanto ha detto il premier, Giuseppe Conte, al termine della sua visita a Lodi, uno dei comuni della Lombardia più colpito dall’emergenza Coronavirus. “La strategia sanitaria della Fase 2 – ha detto il presidente del Consiglio – prevede un approccio ancora più scientifico per quanto riguarda il tracciamento dei contatti. Da qui la famosa App di cui si parla e che cercheremo di rendere applicativa quanto prima. Non sarà obbligatoria”.

“Poi – ha aggiunto Conte – saranno importantissimi anche i test molecolari e quelli sierologici. Saranno importantissimi perché mano che si diffonderanno avremo un patrimonio informativo che ci consentirà di muoverci con maggior sicurezza. Il rischio di un contagio di ritorno è molto concreto. Questa è la ragione che ci spinge ad un allentamento di misure ma con prudenza. Avvieremo il metodo dei rubinetti, una sorta di algoritmo matematico che ci consentirà di tenere sempre sotto controllo l’andamento del virus, e se ci saranno ritorni potremo intervenire in modo mirato chiudendo il rubinetto”.

“Abbiamo visto in altri Paesi i rischi che si affrontano. Noi stiamo già affrontando un rischio – ha ribadito Conte -: dal 4 maggio 4,5 milioni di lavoratori torneranno a lavorare, prenderanno i mezzi pubblici ma anche il mezzo privato può essere un rischio. Le scuole devono rimanere chiuse e non possiamo allentare sulle relazioni sociali: per qualcuno non è sufficiente ma non possiamo fare di più. Affrontiamo un rischio calcolato, su base scientifica: il documento dell’Iss è stato alla base delle nostre decisioni, che sono tutte nostre. Le rivendichiamo”.

“Sin dal primo momento – ha detto ancora il premier -, fin da quando abbiamo preso la decisione della zona Rossa nel Lodigiano, eravamo consapevoli che avremo poi dovuto sopperire a tanta necessita’ e urgenza anche dal punto di vista economico e sociale di questa comunità. E’ un imperativo morale venire incontro a questa esigenza perché non si può mettere in zona rossa una comunità di 45mila abitanti e poi disinteressarci delle conseguenze economiche e sociali. Abbiamo già adottato delle iniziative con un impegno economico e finanziario cospicue e ce ne saranno altre. Non risolveremo tutti i problemi, bisogna dirlo ai cittadini, perché le sofferenze sono tali e così diffuse che è difficile rispondere a tutte le richieste, ma interverremo in modo serio a gran parte delle categorie in difficoltà”.

I NUMERI DELL’EPIDEMIA

Calano ancora terapie intensive e ricoverati con sintomi, così come i nuovi contagi. Il numero totale dei pazienti ancora positivi, secondo l’aggiornamento reso noto questa sera dal Dipartimento della Protezione civile, è di 105.205, con una decrescita di 608 pazienti rispetto a ieri. Tra questi, 1.863 malati sono ricoverati nelle terapie intensive (-93 sempre rispetto a lunedì). Sono, invece, 19.723 quelli ricoverati con sintomi nei reparti ordinari (-630) e 83.619, pari al 79% del totale, quelli in isolamento domiciliare asintomatici o con sintomi lievi. Rispetto a ieri i deceduti sono 382 (ieri erano state 333) e portano il totale a 27.359. Il numero complessivo dei guariti e dimessi sale invece a 68.941, con un incremento di 2.317 casi. Nel dettaglio (qui la mappa dei contagi) i casi attualmente positivi sono: 35.744 in Lombardia, 15.506 in Piemonte, 12.003 in Emilia Romagna, 8.601 in Veneto, 5.896 in Toscana, 3.571 in Liguria, 4.562 nel Lazio, 3.334 nelle Marche, 2.802 in Campania, 2.919 in Puglia, 1.565 nella Provincia autonoma di Trento, 2.143 in Sicilia, 1.239 in Friuli Venezia Giulia, 1.990 in Abruzzo, 910 nella Provincia autonoma di Bolzano, 275 in Umbria, 772 in Sardegna, 209 in Valle d’Aosta, 764 in Calabria, 205 in Basilicata e 195 in Molise.