Traffici di armi con la Libia. La Marina italiana assesta il primo colpo

Il 18 luglio la Nave Grecale ha intercettato una nave che trasportava armi e mezzi da combattimento destinati alla Libia.

Traffici di armi con la Libia. La Marina italiana assesta il primo colpo

Lo scorso 18 luglio la Nave Grecale in forza dell’operazione Irini dell’Unione Europea ha intercettato la nave Mv Victory Roro battente bandiera della Guinea Equatoriale, con a bordo, secondo quanto apprende La Notizia, mezzi da combattimento destinati a qualche fazione in Libia e quindi soggetti a embargo secondo la risoluzione Onu.

Il 18 luglio la Nave Grecale ha intercettato una nave battente bandiera della Guinea con a bordo armi e mezzi da combattimento destinati alla Libia

Il comandante di Irini, il Contrammiraglio Stefano Turchetto, ha disposto così di scortare la nave fino a un porto in Italia e poi a Marsiglia. Durante l’ispezione, il team ha identificato decine di veicoli progettati o modificati per uso militare e quindi ritenuti in violazione dell’embargo sulle armi delle Nazioni Unite nei confronti della Libia. L’operazionr Irini ha sequestrato i veicoli che violano l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite alla Libia e ora sta deviando la nave verso un porto europeo per gli adempimenti del caso.

L’Operazione Eunavformed Irini dell’Unione europea ha compiuto a fine marzo due anni di vita durante i quali ha indagato su oltre 6.200 navi, condotto oltre 250 “boarding amichevoli” e ispezionato 24 navi sospette, in linea con il mandato di garantire il rispetto dell’embargo sulle armi delle Nazioni Unite (Onu) nei confronti della Libia. Ispezioni che secondo le regole stabilite possono avvenire solo con il consenso della nave senza coercizione, in conformità a quanto stabilito dalla risoluzione 2292 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’embargo sulle armi in Libia.

Una questione che non ha permesso di controllare ben 7 navi turche, di cui l’ultima a maggio in acque greche. La Turchia infatti ha negato il consenso all’imbarco e all’ispezione a bordo della nave portacontainer Kosovak, diretta da Istanbul al porto di Misurata la “città-Stato” della Libia occidentale sede delle milizie considerate le più forti del Paese nordafricano.

Ma di cosa si occupa, più nello specifico, la missione Irini e quanto costa? L’operazione Irini ha di fatto mandato in pensione la Missione Eunavfor Med Sophia che ha avuto come compito principale quello di smantellare il modello di attività dei trafficanti di migranti e di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale dal giugno 2015 fino al marzo 2019 salvando oltre 50mila vite umane.

Irini non ha un raggio di azione predeterminato e le sue attività sono tendenzialmente concentrate sulla parte orientale della costa libica. La missione non può operare all’interno delle acque territoriali libiche, oltre come dicevamo non può ispezionare senza il consenso della nave. Tra i compiti di cui si occupa Irini è sparito almeno su carta il salvataggio in mare e oltre ad attuare l’embargo sulle armi con ispezioni molto limitate svolge alcuni compiti secondari, che sono il contrasto al contrabbando di petrolio; la formazione della guardia costiera e della marina libiche; la lotta ai trafficanti di esseri umani (ma solo con la sorveglianza aerea).

L’Unione europea ha esteso fino al 2023 la missione militare nel Mediterraneo. Per le spese comuni di competenza dell’Ue, l’operazione ha un bilancio (annuale) di circa 9 milioni e ottocento mila euro. A queste si sommano le spese sostenute dai singoli Paesi che vi prendono parte, ciascuno per gli assetti che mette a disposizione.

Per il periodo da aprile a dicembre 2020, il Parlamento ha autorizzato la partecipazione italiana con 517 unità di personale, un mezzo navale e tre mezzi aerei, per una spesa di circa 21 milioni e 300 mila euro. Nonostante l’operazione Irini in Libia continuano ad entrare armi. Secondo un rapporto annuale degli esperti Onu preposti al suo controllo e recentemente presentato al Consiglio di Sicurezza, l’embargo sulle armi alla Libia decretato nel 2011 dalle Nazioni Unite “è ancora inefficace”.

Gli Stati membri continuano a “violarlo impunemente” inviando armi in Libia, si legge sul documento consultato dall’Afp, che conferma anche che “la maggior parte del territorio libico è ancora controllato da gruppi armati”.

Un rapporto di 550 pagine in cui si documenta che una serie di sostenitori internazionali su entrambe le parti del conflitto hanno violato l’embargo sulle armi, tra cui il gruppo russo Wagner con più di mille mercenari russi che operano anche in Siria e in Ucraina legati al governo russo di Vladimir Putin.

Gli esperti hanno usato foto, diagrammi e mappe per sostenere le violazioni documentate, nel periodo che va da ottobre 2019 a gennaio 2021. I sostenitori internazionali di Haftar, tra cui gli Emirati, Giordania, Russia, Siria ed Egitto, sono stati tutti individuati o nei precedenti rapporti delle Nazioni Unite. Nel documento sono citati, inoltre, anche Qatar e Turchia, che sostengono le autorità di Tripoli.

In pratica visti i risultati l’embargo sulle armi in Libia non sembrerebbe assolutamente efficace per fermare o quanto meno rallentare una guerra devastante. Di conseguenza le azioni messe in campo dall’Europa con Irini hanno tutta l’aria di essere marginali e di facciata.