Transizione ecologica al palo. Mezzo miliardo fermo al ministero. Cingolani in ritardo sul decreto per il riparto dei fondi. Bloccati i 450 milioni delle aste sulle quote di CO2

I fondi per la transizione ecologica possono attendere. Anche se sono a portata di mano, o meglio di decreto.

I soldi per la transizione ecologica possono attendere. Anche se sono a portata di mano, o meglio di decreto, quello che sarebbe sufficiente a sbloccare la bellezza di 450 milioni di euro circa. Da come si muove il ministro Roberto Cingolani, infatti, sembra non esserci alcuna fretta sulla cospicua somma che potrebbe essere impiegata, fin da subito, per progetti green.

ASTA… LA VISTA. In che modo? Grazie “ai proventi derivanti dalla vendita all’asta delle quote di emissione di anidride carbonica per gli impianti stazionari”, relativi al 2020. Ogni anno, come spiega il Gestore servizi energetici (Gse), “i produttori di energia elettrica e gli impianti che si occupano di cattura, trasporto e stoccaggio di CO2 devono approvvigionarsi sul mercato delle quote necessarie per coprire il proprio fabbisogno di emissioni”.

Quindi partecipano alle aste, investendo somme di denaro che finiscono solo inizialmente nelle casse del Gse, che si limita a raccoglierle. Perché, come prevede la legge, la cifra deve essere poi destinata per il 50 per cento al ministero dell’Economia e delle finanze, sostenendo così il fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. L’altra metà viene suddivisa tra il Ministero della transizione ecologica (70 per cento) e il Ministero dello sviluppo economico (30 per cento).

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Tanto per rendere l’idea, nel 2019, l’introito è stato di un miliardo e 270 milioni. Il 50%, 635 milioni di euro, è finito al Mef. Altri 444 milioni di euro sono andati al Mite, 190 al Mise. La stima per il 2020 si aggira sempre intorno ai 450 milioni per il Mite. Un bel tesoretto verde. Solo che per rendere operative le iniziative occorre un passaggio determinante: il decreto che stabilisce il riparto delle risorse.

In sostanza l’emanazione del testo per indicare quali progetti possono beneficiare dei finanziamenti. Il problema è il ritardo “di un paio di mesi”, ammesso anche dal Ministero. “Lo schema di decreto è stato predisposto, come ogni anno, dal Mite ed è stato inviato al Mef per il concerto”, spiegano a La Notizia dal dicastero affidato a Cingolani. A breve, dunque, dovrebbe vedere la luce, garantiscono dagli uffici del Mite.

Intanto la senatrice Loredana De Petris ha portato il caso in Parlamento, depositando un’interrogazione a Palazzo Madama. La richiesta sul tavolo è semplice: la presentazione del “rendiconto dettagliato, non disponibile sul sito del Gse, sull’impiego dei proventi delle aste”. Che, stando alla norma, sarebbe prevista entro maggio, un po’ più dei due mesi indicati dal Mite.

Ma quali misure possono essere realizzate? L’elenco è lungo. Si va dalle “attività di ricerca e di sviluppo e progetti dimostrativi” per “l’abbattimento delle emissioni e all’adattamento ai cambiamenti climatici” agli incentivi per il passaggio a una mobilità sostenibile. Non solo: con quelle risorse sarebbe possibile potenziare il fondo nazionale per l’efficienza energetica, che prevede – tra le tante cose – sistemi di teleriscaldamento, di isolamento delle abitazioni, per evitare dispersioni di energie, e anche il sostegno economico alle fasce più disagiate. Sempre con la stella polare di favorire il passaggio a strumenti meno energivori. “Sarebbe grave se queste risorse fossero state utilizzare in maniera sbagliata”, dice a La Notizia, magari “per dare sovvenzione a investimenti non in linea con la transizione ecologica o peggio alle fonti fossili”.