Trattativa Stato-Mafia. Dell’Utri era lo sponsor di Forza Italia. Chiesta in Appello la conferma delle condanne. Lunedì il verdetto dei giudici di Palermo

Chiesta in Appello la conferma delle condanne al processo sulla Trattativa Stato-Mafia. Lunedì il verdetto dei giudici di Palermo.

Trattativa Stato-Mafia. Dell’Utri era lo sponsor di Forza Italia. Chiesta in Appello la conferma delle condanne. Lunedì il verdetto dei giudici di Palermo

Vi fu una trattativa tra Stato e mafia. Marcello Dell’Utri sponsorizzò la nascita di Forza Italia nel mondo di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta ed è assolutamente logico e fattuale che chi ha dato i voti si attenda e pretenda qualcosa in cambio. Con queste parole, nel corso delle repliche al processo d’appello appunto sulla Trattativa, il procuratore generale di Palermo, Giuseppe Fici, ha insistito per la conferma delle condanne e ha battuto nuovamente sul ruolo di FI nella vicenda. Salvo colpi di scena, lunedì i giudici si ritireranno in camera di consiglio per emettere la sentenza.

L’AFFONDO. “C’è qualcuno, oggi, che osa contestare che la corrente andreottiana della Dc fosse appoggiata da Cosa nostra o che Cosa nostra abbia votato i socialisti nell’86? Negli anni ‘93-’94 – ha insistito ieri il procuratore generale – Cosa nostra e ‘ndrangheta hanno votato, esultato e brindato per la vittoria di Forza Italia. Se poi nei mesi successivi, si chiede un segnale di riconoscenza, è implicita la minaccia”. Ancora: ‘’I difensori difendono un imputato indifendibile e portano avanti tesi insostenibili e con la chiamata a testimoniare “dell’amico Silvio”, con il suo silenzio, ha portato acqua alla tesi dell’accusa.

Quanto tempo si è perso in attesa di potere sentire il testimone Berlusconi che poi – ha concluso – alla fine ha scelto, come suo diritto, di avvalersi della facoltà di non rispondere di fatto comunicando di essere indagato per le stragi del 1992 e non dando la sua versione a sostegno “dell’amico Silvio”, come definito dalla difesa stessa’’. La procura generale ha inoltre depositato, tra le altre cose, una ampia memoria sul collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio.

IL PROCESSO. Nel processo davanti alla Corte d’assise d’appello sulla trattativa tra Stato e Mafia l’accusa ha chiesto la conferma delle condanne emesse in primo grado (leggi l’articolo): 12 anni di reclusione per il generale Mario Mori e il generale Giuseppe Subranni, l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, e il medico mafioso Nino Cinà, 8 anni per l’ex capitano dei Carabinieri, Giuseppe De Donno e ventotto anni per il boss mafioso Leoluca Bagarella. La Corte d’Assise d’appello ha, invece, dichiarato prescritto il reato di calunnia contestato a Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso palermitano Vito, in primo grado condannato a otto anni.

VENTI ANNI DI DUBBI. Il caso è iniziato a emergere nel 1998, quando la Procura della Repubblica di Firenze aprì un’inchiesta sulla Trattativa, alla luce delle dichiarazioni di Giovanni Brusca, Salvatore Cancemi e Vito Ciancimino. Poi, nel 2009, le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sul “papello” con le richieste di Riina per far cessare le stragi. Infine il processo a dodici imputati. Mannino è stato assolto con sentenza definitiva. E l’assoluzione definitiva è arrivata anche anche per l’ex ministro Mancino. Ora è attesa la sentenza d’appello.