Tregua al Consiglio federale della Lega. Giorgetti non cade nel trappolone. A parole tutti allineati alle posizioni di Salvini. Ma le truppe sono divise e la guerra è solo rinviata

Lo scontro tra Salvini e il ministro Giorgetti non c’è stato. I due ieri al consiglio federale della Lega si sono semplicemente annusati.

Tregua al Consiglio federale della Lega. Giorgetti non cade nel trappolone. A parole tutti allineati alle posizioni di Salvini. Ma le truppe sono divise e la guerra è solo rinviata

Tregua al consiglio federale di ieri della Lega. Con ogni probabilità di facciata o semplicemente frutto di tatticismi, ma comunque tregua. Lo scontro tra Matteo Salvini e il ministro Giancarlo Giorgetti non c’è stato (leggi l’articolo). I due si sono semplicemente annusati. E con loro a confronto sono andate la linea sovranista e sborona del Capitano con quella moderata ed europeista del numero uno del Mise. Una guerra all’apparenza solo rinviata, destinata a decidere il futuro del Carroccio.

PRIMO ROUND. Ieri pomeriggio tra i primi a ribadire che lo scontro tra Giorgetti e Salvini è reale è stato l’ex ministro della giustizia Roberto Castelli, rappresentante della vecchia Lega di Umberto Bossi, aggiungendo però che a dare la linea sarebbe stato il segretario. Il ministro dello sviluppo economico ha glissato. “Non so che succederà. Oggi per me è solo San Carlo, che è la cosa più importante, è il mio santo patrono”, ha detto arrivando al Senato per il question time.

Poi a parlare è stata l’ex presidente della Camera, Irene Pivetti, anche lei una del primo Carroccio. “Son lontana dal partito da venti anni, certo c’è un dibattito acceso, quindi mi auguro che il consiglio federale serva per dirimere le questioni”, ha affermato. A mostrare di voler restare a tutti i costi al comando ci ha pensato infine lo stesso segretario, prima che iniziasse il consiglio federale. “Ascolto tutti e decido, come sono solito fare sempre”, ha sostenuto il Capitano.

Per poi aggiungere: “Penso che all’unanimità il consiglio federale, questa la mia impressione, approverà le posizioni presenti e future della Lega che, in Italia e in Europa, sono e saranno alternative alla sinistra”. E per buttare la palla in tribuna ha pure rispolverato la storia del prossimo governo a guida sovranista. “Stiamo affrontando questo periodo di governo di unità nazionale per superare la pandemia, il futuro che abbiamo in testa è un governo liberale di centrodestra”, ha detto.

NESSUN TERREMOTO. Erano le 18.30 quando, dopo giorni ad alta tensione, è iniziato il consiglio federale e ben presto si è capito che l’aria era quella di evitare una conta tra moderati rappresentanti di quella che un tempo era chiamata Padania e sovranisti con l’obiettivo del partito nazionale azionista di maggioranza delle destre. Tutti i leghisti intervenuti, Giorgetti compreso, esperto e abile abbastanza per evitare il trappolone, hanno così ribadito totale fiducia nell’attività, nella visione e nella strategia del segretario Matteo Salvini, che ha parlato per ben 50 minuti. Il leader si è lasciato andare ai suoi proclami, partendo dal “massimo impegno sul taglio delle tasse”.

“Nove miliardi per regalare redditi di cittadinanza a furbi ed evasori non è rispettoso per chi fatica e lavora,, ha esclamato. Ancora: “In Europa avanti per un grande gruppo, identitario, conservatore e di centrodestra, alternativo ai socialisti con cui il Ppe governa insieme da anni’’. Tanto per ribadire che la posizione del ministro dello sviluppo economico sull’Europa è distante anni luce dalla sua. “Faremo una conferenza programmatica il 12 e 13 dicembre e si esprimerà l’idea dell’Italia che vogliamo”, ha annunciato il Capitano.

“La visione della Lega è vincente, ne sono convinto”, ha pure aggiunto, cercando forse di convincere più se stesso che gli altri. Le truppe lo hanno applaudito e hanno mostrato di appoggiarlo. Meglio del resto, deve aver pensato chi ha visioni alternative al segretario, farlo consumare ancora un po’ e poi il cambio di rotta potrebbe essere meno traumatico per tutti.