Trump insiste: “La pace è vicina”. Ma Putin e Zelensky frenano

Trump insiste: “La pace è vicina”. Ma Putin e Zelensky frenano

Da giorni si ripete che la pace in Ucraina è ormai a un passo, ma quando si deve passare dalle parole ai fatti spunta sempre qualche intoppo. È successo anche ieri, quando circolava grande entusiasmo di fronte alle notizie sulle trattative in corso, tanto che il segretario generale della Nato, Mark Rutte, in un’intervista a El País e al gruppo tedesco Rnd si era fatto prendere dall’ottimismo affermando: “Preghiamo tutti che questa guerra finisca il prima possibile. Voglio fare tutto il possibile per contribuire a realizzare la visione del presidente Trump”.

Lo stesso ha poi aggiunto che “è sempre difficile fare previsioni, ma spero davvero che la pace arrivi entro la fine del 2025. Naturalmente, dopo i colloqui di Ginevra ci saranno altri incontri e dovrà esserci una discussione separata e parallela con l’Ue e la Nato su alcune questioni. E non siamo ancora a quel punto”.

Peccato che a gelarlo sia stato il consigliere presidenziale russo per la politica estera, Yury Ushakov, che ha risposto: “Anche a noi piacerebbe che la guerra finisse entro il 2025, ma non sarà facile”.

Mosca punta i piedi: “No a nuove concessioni”

Difficile dire se sia solo tattica o se effettivamente la pace sia più lontana di quanto lascino intendere le dichiarazioni del presidente americano, Donald Trump, che continua a parlare di “continui progressi” che, a suo dire, avvicinano sempre più l’intesa tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Il tycoon, come fa da giorni, ha ribadito che “i negoziati stanno procedendo molto bene”, tanto da convincerlo a fare marcia indietro sull’ultimatum dato all’Ucraina per accettare l’accordo — ma non alla Russia — e che sarebbe dovuto scadere oggi. Una scelta che, secondo lui, servirà a “dare più tempo” ai negoziatori e, soprattutto, a tranquillizzare l’Ucraina e l’Ue, con quest’ultima che, promette, “sarà ampiamente coinvolta nelle garanzie di sicurezza per la pace”.

Trump, davanti alle perplessità dei leader europei che dubitano della reale volontà di Putin di chiudere la guerra, ha poi aggiunto che l’inviato speciale degli Usa, Steve Witkoff, vedrà lo zar a Mosca già la prossima settimana e ha giurato che “i russi stanno facendo concessioni per arrivare alla fine della guerra” e questo, secondo lui, è la prova che vogliono chiudere il conflitto. Dichiarazioni che non sono passate inosservate al Cremlino, con il portavoce Dmitry Peskov che — mentre prosegue l’irrituale silenzio di Putin — ha confermato l’incontro, salvo aggiungere che “sono premature le dichiarazioni” secondo cui la pace in Ucraina è vicina.

Umore nero

La sensazione è che la Russia sia stata presa in contropiede dall’apertura di Zelensky all’accordo proposto da Trump e ora stia cercando di prendere tempo per sfruttare a proprio vantaggio la situazione. Infatti a Mosca, secondo diversi opinionisti occidentali, c’è fermento e si starebbe lavorando a un modo per sabotare l’intesa. In quest’ottica rientrerebbero le dichiarazioni di Ushakov che, parlando delle continue e copiose fughe di notizie sulle trattative, ha manifestato irritazione definendole “inaccettabili” e, a suo dire, atte a “sabotare la tendenza verso un percorso pacifico”.

Se possibile, appare ancor più chiara questa strategia dalle parole del viceministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, che ha lasciato intendere che la Russia potrebbe rigettare il piano in 19 punti di Trump, frutto della mediazione dell’Ue per arrivare a un’intesa “più equa”, dicendo di “accogliere con favore” lo sforzo del leader americano, salvo aggiungere che “non possiamo parlare di concessioni o di passi indietro nel nostro approccio sui punti chiave per la risoluzione delle questioni in sospeso, anche nel contesto dell’operazione militare speciale”, visto che già “diversi elementi dell’incontro tra i presidenti di Russia e Stati Uniti ad Anchorage rappresentavano soluzioni di compromesso”.

Insomma, il Cremlino sembra voler chiudere le porte a ogni forma di modifica: o si procederà con il piano iniziale, quello in 28 punti annunciato a inizio settimana e già rifiutato da Ucraina e Ue, oppure i negoziati sembrano destinati all’ennesimo fallimento.

Pure Kiev frena sul piano di pace di Trump

Ma se la Russia tentenna, anche l’Ucraina — a dispetto delle indiscrezioni di ieri sulla presunta accettazione della proposta americana — non sembra del tutto convinta.

A rivelarlo è la Cnn, che riporta dichiarazioni di alcuni funzionari di Kiev: è stato effettivamente raggiunto un “consenso” sulla maggior parte dei punti esposti nella bozza statunitense, ma allo stesso tempo le aree su cui si è ancora in disaccordo non sono affatto “minori”. In particolare, spiegano le fonti ucraine alla rete americana, ci sarebbero almeno “tre punti cruciali” su cui permangono differenze “significative”, che potrebbero decretare il successo o il fallimento degli sforzi per negoziare la fine del conflitto. Si tratterebbe della cessione dei territori del Donbass non ancora conquistati dalla Russia, delle limitazioni alle dimensioni delle forze armate ucraine e del veto all’ingresso di Kiev nella Nato.

In questa ingarbugliata partita, l’Ue continua a dimostrarsi inefficace. Malgrado il rigetto del piano di pace europeo, ieri Ursula von der Leyen, nel suo intervento in plenaria all’Europarlamento, ha fissato cinque priorità che per l’Ue devono essere alla base di un accordo tra l’Ucraina e la Russia: la prima è che l’intesa sia “giusta e duratura”; la seconda è che deve essere tutelata la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina; la terza prevede un meccanismo atto a garantire i mezzi finanziari necessari per sostenere Kiev; la quarta è che all’Ue venga riconosciuto un ruolo nell’attuazione della pace; la quinta è il ritorno dei bambini ucraini rapiti dalla Russia. Insomma, posizioni che non sembrano aggiungere granché al processo di pace, rendendo ancor più marginale il ruolo di Bruxelles in questa crisi ai confini dell’Europa.