Tutta l’Italia è in emergenza. Ma al Nord ora serve una stretta. La deputata Mammì (M5S): “In Lombardia ospedali al collasso. Non basta dire di stare a casa. Servono regole ferree”

In Lombardia servono misure più restrittive per sconfiggere il coronavirus. Lo dicono in coro i consiglieri e i parlamentari M5S lombardi che ieri hanno scritto a Giuseppe Conte per chiedere un ulteriore intervento deciso del Governo. “La Lombardia è la regione in questo momento più colpita, che soffre dal 20 febbraio e che continua a vedere numerosi contagiati e numerosi morti – spiega in maniera molto lucida la deputata M5S Stefania Mammì – Le strutture sanitarie sono al collasso, medici ed infermieri stremati costretti a turni massacranti. Alcune nostre città stanno pagando un caro prezzo e le immagini dei camion dell’esercito a Bergamo che portano via i cadaveri ci distrugge ed è l’emblema di quello che stiamo vivendo”.

Richiesta più che legittima.
Come ribadito dal nostro capo politico e viceministro all’Interno Vito Crimi in alcune aree bisogna fare misure molto più restrittive, non basta chiedere ai cittadini di restare a casa per fermare il contagio. I nostri concittadini chiedono di più.

Avete avuto già un feedback da parte dell’esecutivo?
Per ora no ma sono sicura che risponderanno appena potranno, porto rispetto dei tempi ma anche dei silenzi, tutti i membri del Governo sono impegnati a gestire questa emergenza.

Nel frattempo ieri c’è stato spazio anche per una polemica con i vostri colleghi calabresi riguardo respiratori e attrezzature mediche inviate al Nord e non al Sud. In queste circostanze ognuno pensa di avere più ragione dell’altro… Cosa vi ha infastidito?
Nessuna polemica pretestuosa, abbiamo accolto, semplicemente con sorpresa, la nota inviata dai colleghi calabresi ed io e l’onorevole Siragusa (Elisa, ndr) abbiamo voluto dare un messaggio per ribadire che siamo in guerra, l’Italia combatte una guerra contro il Covid-19 e soprattutto la Lombardia sta pagando un prezzo molto alto. I numeri parlano chiaro e le apparecchiature sanitarie devono essere distribuite dove c’è necessità.

Dunque in Lombardia?
In questo momento tutte le regioni devono essere solidali tra di loro, non c’è Sud e Nord, uniti per vincere la stessa battaglia e tornare alla vita, unica e irripetibile, per questo chiediamo a tutti di lavorare sull’emergenza. In Lombardia ci aspetta ancora una settimana dove è previsto un picco di contagi, le strutture sanitarie sono al collasso e i medici sono malati o stremati. Saremo i primi, passata l’emergenza, a dare aiuto e supporto tecnico ai cittadini calabresi e a tutto il meridione.

Il Governo intanto si è dato da fare. È soddisfatta di quanto previsto dal governo nel Cura Italia?
Premetto che la mia analisi vuole soffermarsi principalmente sulla parte degli interventi a favore della sanità e del sociale. In tale contesto sono soddisfatta del decreto Cura Italia che, oltre ad intervenire concretamente sui settori drammaticamente colpiti dall’emergenza, quale quello sanitario, sono certa che ci spingerà a lavorare tutti insieme per un intervento a breve di sostegno più pesante per l’economia.

Crede ci siano settori ancora sguarniti e su cui intervenire?
Ritengo che nei prossimi giorni sarà essenziale comprendere le esigenze del nostro tessuto produttivo e delle famiglie. Questo decreto non è il primo e non sarà l’ultimo, ma è molto importante; infatti, coinvolgendo tutto il territorio nazionale, potrà rappresentare un’occasione per interventi di sostegno economico anche tramite provvedimenti fiscali, da affiancare alle misure sul lavoro già in parte adottate, di più ampio, lungo e duraturo respiro. Oggi (ieri, ndr) ho presentato una interrogazione a risposta scritta, chiedendo due cose precise: quali concrete azioni il Ministero della Salute intenda adottare per salvaguardare, nel miglior modo possibile la salute degli operatori sanitari che quotidianamente entrano in contatto con pazienti potenzialmente infettati dal Covid-19 privi di adeguati dispositivi di protezione individuale; inoltre, chiedo di modificare la misura della sorveglianza sanitaria proponendo che il medico o infermiere entrato in contatto con un caso sospetto o confermato di Covid19, anziché tornare al lavoro se asintomatico, venga previamente sottoposto al tampone tra il settimo e il decimo giorno dal contatto e tornare in servizio solo in caso di esito negativo. L’ultima richiesta al Ministero della Salute riguarda quali iniziative intenda adottare per tutelare i diritti di medici e infermieri che verranno assunti con dei contratti a tempo determinato, suggerendo l’ipotesi di convertirli in contratti a tempo indeterminato alla loro scadenza.